FIRENZE- Ci sono molti motivi per cui Vittoria Franco assume (di nuovo) la presidenza dell’Istituto Gramsci di Firenze. Il più valido, il più semplice: “Il mio tempo di volontariato culturale può essere ancora utile”.
Stesso ruolo, a una trentina d’anni dalla prima volta. Nel mezzo, tre mandati in Senato (seggi toscani, fra Ulivo e Pd), un ruolo da ricercatrice alla Scuola Normale di Pisa, il titolo di filosofa, alcuni libri importanti. L’ultimo, “Il male del Novecento” (Castelvecchi), itinerari filosofici del secolo breve, smarriti fra i campi di concentramento nazisti dove l’obiettivo era annientare l’umanità prima ancora che uccidere; prima, “Care ragazze. Un promemoria” (Donzelli editore), un colloquio a distanza con le ragazze del millennio “che avevano iniziato a scambiare il proprio corpo per una borsa firmata. Noi, quelle della mia generazione, ci eravamo battute per la libertà, anche per l’autodeterminazione, per la possibilità di usare il nostro corpo come volevamo, ma non era questo che intendevamo. Ecco lo volevo dire alle Olgettine e alle ragazze che le imitavano”. Senza giudizio, né pregiudizio. Solo perché niente andasse sprecato. Nessuna conquista. Nessun diritto. “Mi ero sentita spaesata in quel momento. Senza punti di riferimento, in tema di diritti, rivendicazioni, gestione della libertà. Proprio come sta succedendo ora”.
Presidente Vittoria Franco, lei torna a guidare l’Istituto Gramsci di Firenze dopo tre decenni. Cosa c’è di cambiato, a livello culturale, politico, sociale che influirà sul suo mandato?
“Non siamo stati fermi. A livello di diritti siamo andate avanti, ma anche tornate indietro. Nel 1996 la violenza sessuale è diventata un reato contro la persona, mentre fino a quel momento era un reato contro la morale. Già avevamo ottenuto divorzio, aborto, la modifica del diritto di famiglia. In queste conquiste, però, siamo andate e andiamo avanti e indietro. Avanti: penso alle norme anti-discriminazione, ad esempio, in campo elettorale: quando sono arrivata io a Palazzo Madama per la prima volta, all’inizio del Millennio, eravamo 12 senatrici su 315 componenti; oggi le senatrici sono quasi il 30% del totale. Non proprio la parità, ma va molto meglio. Penso alle norme di contrasto e prevenzione della violenza contro le donne e dei femminicidi: le nostre leggi sono buone, il problema è farle applicare in modo corretto. Il patriarcato – io continuo a chiamare così quella cultura che non si affranca dal predominio maschile sulla donna – è entrato nella carne di molte persone e non bastano certo le leggi a toglierlo da dentro, dalle menti”.
In che cosa rintraccia questi passi indietro nella conquista dei diritti delle donne?
“Penso ai femminicidi, ad esempio. Non è solo una questione di generazioni più adulte. É impressionante, infatti, che siano anche i giovani a ricorrere alla violenza estrema nei confronti delle coetanee, fino al delitto. Questo comportamento attiene all’assenza di rispetto per l’altra. La violenza, poi, è sempre una reazione a gesti di libertà delle donne. Questo dimostra che le conquiste delle donne sono sempre a rischio, non possono mai essere date per scontate (come la libertà e i diritti). E che occorre investire nell’educazione per liberarci dalla cultura del non rispetto”.
Non sembra, però, così facile investire nell’educazione affettiva, sentimentale. O del contrasto alla violenza.
“In questo è cambiato poco o nulla. Ricordo che quando in parlamento fu approvato il provvedimento della Buona scuola, passò anche un emendamento sull’educazione al rispetto delle donne. La risposta della destra fu l’organizzazione del “Family day” perché venne montata una polemica sulla questione del “gender”, termine che in inglese significa semplicemente “genere”. É ovvio che se parliamo di donne parliamo anche di politiche di genere e non vedo perché questa parola debba essere caricata di un significato negativo. Era così anni fa ed è così oggi. Ma le politiche di genere sono una necessità: le donne sono ancora discriminate sul luogo di lavoro. Benché siano molte di più le laureate e con voti più alti, quando arrivano sul mercato del lavoro trovano moltissimi ostacoli per inserirsi. Molti più dei colleghi maschi perché la maternità, per quanto solo possibile, resta un handicap. Non ci sono politiche di sostegno. Salvo alcune regioni dove ci sono nidi a sufficienza, le donne e i genitori non dispongono dei servizi necessari. Ci si lamenta del calo demografico, ma poi non si adottano provvedimenti concreti per contrastarlo. E alla fine, se tutto va bene, se una donna viene assunta, o non è costretta a lasciare il lavoro, a parità di mansioni, una donna guadagna il 20% in meno di un collega”.
L’Istituto Gramsci come può agire, come può fare la propria parte per contrastare le discriminazioni?
“Intanto siamo un’istituzione che applica la parità di genere. La presidente questa volta sono io (Vittoria Franco è stata anche presidente della Commissione Cultura del Senato, oltre che responsabile nazionale Pari opportunità del Pd ndr), il vice presidente è un uomo, Antonio Floridia, politologo ed esperto di flussi elettorali, già direttore dell’Osservatorio elettorale della Regione Toscana. Parità di genere anche nell’organo di amministrazione: Anna Loretoni, docente di filosofia politica alla Scuola Sant’Anna di Pisa; Delia Dugini, responsabile dell’Archivio e della biblioteca dell’Istituto Gramsci Toscano; Marco Solinas, docente della Scuola Sant’Anna di Pisa; Giovanni Mari, già docente dell’Università di Firenze e fondatore della rivista “Iride” dell’Istituto. Inoltre, abbiamo un programma di conferenze che propone, attraverso la rilettura dei classici, di far conoscere importanti figure femminili, oltre a grandi autori. Come istituto, infatti, abbiamo anche una missione educatrice”.
Quali figure femminili potremo scoprire con questa rassegna?
“In questa ottava edizione, parleremo, ad esempio, di Maria Giudice, giornalista (e direttrice di quotidiani) e sindacalista, prima donna all’inizio del ‘900 a dirigere la Camera del lavoro di Torino; parleremo di sua figlia Goliarda Sapienza, attrice e soprattutto scrittrice; di Carla Lonzi alla quale deve molto il pensiero femminista; affronteremo temi etici importanti attraverso la filosofa statunitense Martha Nussbaun, oltre a parlare di filosofi come il tedesco Jaspers e al francese Derrida. Ci confronteremo su temi di cultura politica in generale, anche su questioni che mai avremmo pensato di dover trattare, come l’attuale sconvolgimento a livello mondiale o la crisi delle democrazie liberali. Un istituto come il nostro deve ragionare sul ruolo che l’Europa deve avere nel nuovo assetto geopolitico. Siamo di fronte a un nuovo assetto mondiale, dove spicca la tecno-destra, dove avanzano alcune oligarchie assolute: la co-presidenza Trump/Musk ci pone una serie di problemi che non è circoscritta agli Stati Uniti. Dobbiamo porci il problema di come salvaguardare la tradizione europea basata sui diritti e sul rispetto delle libertà fondamentali a salvaguardia del welfare”.
Diritti fra i quali non può mancare il diritto a un’informazione libera e corretta. Non manipolata da chi controlla le piattaforme social. O crea false notizie attraverso Intelligenza Artificiale (AI).
“All’istituto Gramsci di Firenze abbiamo un gruppo di lavoro che sta già operando sull’Intelligenza artificiale per organizzare una sorta di corso di formazione. Vogliamo affrontare la questione in modo serio: l’Intelligenza artificiale è uno strumento importante, che presenta enormi opportunità, ma anche rischi. Come deve essere utilizzata? Sta diventando parte della nostra vita quotidiana e non possiamo ignorarla. Oltretutto, in Toscana abbiamo la Scuola Sant’Anna con il laboratorio internazionale di Robotica che ci pone una serie di questioni di estrema importanza sia giuridica che etica: i robot hanno personalità giuridica? sono da considerare persone fisiche ai fini del diritto? Con strumenti nuovi come l’intelligenza autogenerativa e che apprende autonomamente si rischia che le macchine assumano il dominio sugli uomini. Con l’intelligenza generativa, uno strumento come Chatgpt si rischia di replicare pregiudizi e discriminazioni”.
Impegnativo questo programma dell’Istituto Gramsci.
“É quello che dobbiamo provare a fare: difendere gli spazi della democrazia, ri-educare alla cittadinanza democratica. Vorremmo proporre un dibattito pubblico, anche aspro, perfino su questioni spinose, nel rispetto delle diverse opinioni. Vogliamo andare nella direzione contraria a Trump che vieta l’utilizzo di determinate parole, a costo anche di bloccare studi importanti. O che minaccia di lasciare senza fondi federali quelle università che non impediranno il sorgere, al proprio interno, di movimenti di protesta studentesca. Una democrazia non è tale soltanto perché si può votare. Anche in Russia si vota. Ma se non si possono esercitare i diritti reali, che democrazia è?”.