Chi frequenta le desuete pagine della poesia converrà nel definire Umberto Piersanti una delle voci più intense tra gli autori contemporanei. Con quel suo sguardo indagatore sulla natura, le esatte nomenclature botaniche, un’adesione fisica, amorevole, alla terra e ai luoghi dove è nato e vive (quelli dell’Urbinate). È lì che le sue radici sono abbarbicate, e da lì le difende contro l’oblio e un presente che vorrebbe profanarle: “Tra inverno e primavera / sono nato, sempre mi porto dentro / l’erbe e i fiori / che la neve sempre / tronca e spezza, / e poi tenaci / tornano fuori / tra le crepe gelate / dalla terra”.
Nella raccolta “Il fondo dei sentieri” (chiara allusione al Mario Luzi di “Dal fondo delle campagne”) troviamo il canto intimo di un camminatore che si addentra nei sentieri reali dei boschi, così come in quelli della memoria e del tempo minacciati dal ‘nuovo’ che avanza. Incalza, infatti, “il tempo nuovo” che il poeta avverte estraneo, distante da sé.
Anemoni
nati prima delle gran neve
nel preludio accecante
dell’avvento,
mai torneranno i cieli
così chiari
come nei giorni
che ogni nascita annunciano
e fioritura immensa,
luce breve e assoluta
che nera nube spegne
scesa dal Catria
con i neri venti,
siete anemoni gli stessi
dalla neve coperti
e dentro il gelo soffocati
e spenti,
voi dagli steli gracili
ma tenaci, tenaci
più d’ogni ceppo o tronco,
o altri, fratelli vostri
dalle vostre spoglie nati,
che nella genga un poco grigia
e un poco chiara
presso il ginepro spoglio
colore dell’inverno,
questo tiepido marzo che declina
del vostro rosso-viola
illuminate?
un giorno, nella casa di pietra,
dentro il bicchiere
chiaro all’inferriata
una ragazza intreccia
i lunghi steli,
guarda lieto colui
che lento avanza chiuso nella mantella
per il vento
che dal pruno
alza fiori bianchi
padre, la tua stagione
sento dentro il sangue,
a quel tempo appartengo,
a quei sentieri
di sassi bianchi e aspri
e tu fugavi l’ombre
nel cammino,
la tua mano mi guida
tra i dirupi
ora, giù per i fossi
l’acqua è chiara
come nei giorni
più remoti
e persi,
ma l’ombra che mi cerchia
e che m’acceca
non c’è più la tua mano
che la dissolva
gracile primavera
scendi ai miei campi,
così alti e freddi
e ai venti esposti,
la tua fatica compi
eterna e queta,
e questo sa l’anemone
che sempre una gelata
crosta infrange e spezza
di febbraio e di marzo
sono i miei fiori
tenaci com’è tenace
il gelo dentro l’aria
– essere come loro
lo tento invano –
la violaciocca spezza la muraglia
gli anemoni e le viole
escono al sole,
c’è chi resta nel buio,
dentro la terra
[Umberto Piersanti da Nel folto dei sentieri, Marcos y Marcos, 2015]