“Madame Bovary c’est moi!”. Et voilà! Dopo che Flaubert pronunciò questa fatidica frase, gli scrittori non hanno avuto più un momento di pace. Assimilati a ladri e assassini, rapinatori e suicidi, amanti e traditori… ma caspita! Non è che ogni volta in cui uno scrittore immagina un personaggio, si identifichi per forza in esso o, peggio che mai, abbia vissuto le stesse esperienze o gli stessi traumi e li riporti su carta. E dai! Non siamo tutti così narcisi, noi scrittori! Alle volte per immaginare i nostri personaggi facciamo persino – mirabile dictu – uno sforzo di fantasia, altrimenti saremmo sempre saremmo fissi sul lettino di uno psicanalista, afflitti da un’inguaribile crisi di identità. Non scriviamo sempre di noi stessi: non siamo mica tutti autobiografi… per fortuna. Uff! Appello ufficiale a tutti i lettori in ascolto: gli scrittori usano anche la fantasia, se non lo facessero non sarebbero scrittori. Pertanto, basta assillarli con spiacevoli similitudini tra la loro vita personale e i loro personaggi! Siamo esseri fragili, sensibili e soprattutto creativi. I nostri personaggi non siamo noi. Ecco fatto, io ci ho provato: ma, amici miei, non sarà sufficiente. I vostri lettori continueranno a vedervi irreparabilmente riflessi nei vostri personaggi. La colpa è tutta di Flaubert. È stato lui! Lo ha detto e adesso siamo tutti nel sacco. Inutile cambiare il sesso del protagonista, descriverlo fisicamente per mostrare quanto sia diverso da voi: anche se fosse un gatto, una tigre, una strega o un vampiro, il vostro lettore sarà certo di poter cogliere in lui dei tratti simili ai vostri e non ci sarà niente da fare. Nessuno glielo toglierà di testa, quindi perché arrabbiarsi o avere paura? Tanto vale lasciarlo perdere e continuare a fare quello che ci piace tanto: scrivere!