Storie di donne raccontate da un uomo. Può funzionare? Pare di sì, almeno nel caso di Matteo Bussola che con “Il rosmarino non capisce l’inverno” (Einaudi) ha motivato così le ragioni del suo libro: “Ho deciso di scrivere di donne perché non sono una donna. Perché ho la sensazione di conoscerle sempre poco, anche se vivo con quattro di loro. E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già”. Ecco, allora, come questo desiderio di conoscenza sia diventato empatia, o qualcosa di più: ‘diventare l’altra’. E non è solo questione di tecnica narrativa se le storie sono tutte raccontate in prima persona. Storie con protagoniste molto diverse tra loro. Ad unirle è quasi sempre una condizione di fragilità, smarrimento, sofferenza; ma anche un momento nella loro vita in cui la consapevolezza di sé, dei propri sentimenti e delle scelte che ne conseguono, può rendere felici, tantomeno in pace con sé stesse. Straordinarie nella loro ordinarietà, queste donne si chiamano Margherita, Emma, Greta, Sara, Aurora, Marika, Giuseppina, Martina…, e ciascuna impersona pezzetti di umanità, frangenti e stagioni della vita. Il tormento di una figlia che non sa perdonare sua madre, il nascere di un amore in tarda età, una sedicenne innamorata della migliore amica, una vedova che scrive al marito, una ragazza che non intende generare figli pensando che non sopporterebbe il loro dolore, un’anziana che confida alla badante un terribile segreto; e ancora, ragazze in lotta contro pregiudizi, l’accettazione del proprio corpo, la malattia, la paura di essere felici; donne in vario modo decise a non rinunciare ai sogni, alla libertà, all’amore. Donne fragili, però inarrendevoli. Come il rosmarino, che non capisce l’accanimento dell’inverno, ma gli resiste finché – vivo se pur provato – avvertirà su di sé i tepori della primavera.
***
A cosa pensa una donna quando lascia qualcuno? Quando si innamora senza scampo? Quando non viene ritenuta all’altezza, quando le dicono che è troppo o troppo poco, quando le sembra di non capire una figlia, o una madre, quando comprende la fragilità di un padre, quando rifiuta destini già scritti o quando invece li accoglie, quando cerca di cavare il meglio che può dal poco che ha, quando viene ferita, tradita, umiliata, derisa, quando si ammala e il mondo la ignora o quando ha paura e nessuno la sente? Quando è triste o felice o arrabbiata o risoluta o crudele? Quando è accudente come una nonna oppure spietata come un nemico? Quando fin da piccola viene educata alla colpa, alla vergogna, a essere soppesata da occhi estranei, quasi che il suo corpo e la sua vita non fossero mai davvero suoi, ma sempre anche di qualcun altro? Quando si deve giustificare per la voglia di fare sesso o per quella di non volerlo fare? Quando deve soddisfare aspettative, aderire a immaginari, quando è troppo magra o troppo grassa o troppo giovane o troppo vecchia o troppo ignorata o troppo guardata e però mai, mai davvero vista? Quando si accorge che la maggior parte degli incontri è come il tramonto in autunno, dove una volta sparito il sole tutto si raffredda velocemente? Quando non si fida più delle promesse? Quando non si arrende nonostante questo? Quando non crede alla vita dopo la morte ma vede invece la morte dentro ogni vita, come se tutto fosse sempre sul punto di cadere, nell’apparente fissità dei giorni?
A cosa pensa una donna quando, assordata dalle voci di tutti, capisce all’improvviso di avere soffocato la propria? Di non essersi mai davvero prestata ascolto?
Cos’hai pensato, tu, la mattina o il pomeriggio o la notte in cui, per la prima volta, lo hai capito?
[da Il rosmarino non capisce l’inverno di Matteo Bussola, Einaudi, 2022]