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Storie come battiti d’ali. Sono i “Racconti in nuce” di Romanelli da leggersi al risveglio

Oggi il racconto è tornato di moda. Dopo un lunghissimo periodo in cui sembrava che il romanzo lo avesse completamente soppiantato, siamo tornati di buon grado alla forma breve e ci dedichiamo con piacere alla lettura di racconti. Perché? Forse perché il tempo libero a disposizione è sempre meno, forse perché un racconto si legge anche nel tragitto in tram o nella pausa pranzo, forse perché la sua struttura è per forza di cose meno articolata di quella del romanzo eppure arriva al cuore, lì rimane e contiene emozioni “a lento rilascio”. Ovviamente tutto questo avviene se si tratta di un racconto ben scritto, ben ponderato, dallo stile scorrevole e con storie che si dipanano sotto i nostri occhi rapide, un po’ come le cose belle, quelle che si verificano in un batter d’occhio e lasciano al loro passaggio la traccia di un sorriso. Ebbene, tutte queste caratteristiche sono perfettamente ascrivibili a Racconti in nuce di Leonardo Romanelli,  (Mauro Pagliai editore) noto e raffinato critico enogastronomico, qui a una prova narrativa superata in modo brillante.

Il sottotitolo di questa raccolta, fatta di racconti brevissimi, a dir la verità, così brevi da restare ancora più impressi, è il seguente: Storie di risvegli e vite quotidiane. In effetti è nello scorrere lento, forse monotono, delle vite quotidiane di persone normali che Romanelli riesce a cogliere dei momenti di originalità, dei battiti d’ali, in qualche modo, anelito alla libertà di vivere la propria esistenza con passione, senza pensare per forza alle conseguenze, ma lasciandosi andare all’imprevedibilità dell’attimo. E allora quale momento migliore per descrivere questi piccoli istanti di ordinaria leggerezza, se non al risveglio? Appena alzati la mente è fresca, si è affrancata dal rumore del giorno precedente ed è pronta a ricevere i primi suoni, i primi impulsi del nuovo giorno e a dare un senso inaspettato alle ore a venire, come accade alla protagonista di I calzini: «Lasciò come sempre la tazza sul tavolo, tirò su la sciarpa e via ad affrontare la giornata. Chiuse la porta a chiave, scese gli scalini della mansarda con il berretto sugli occhi e arrivata al pianerottolo lo vide: infreddolito dalla notte passata all’addiaccio, arruffato, gli occhi felici. Si alzò, lunghi attimi di silenzio, e poi lui, goffo come sempre, le chiese: “Mi si sono bagnati i calzini, me li fai cambiare?”. L’arte poteva attendere per quel giorno.» (p.12).

Uno stile franco, schietto, fatto di frasi brevi e incisive, come chi preferisce non dilungarsi in troppe spiegazioni, ma desidera andare alla sostanza, senza cedere al fascino dei manierismi, delle metafore o degli abbellimenti. E forse proprio in questa scelta stilistica così essenziale, sta tutta l’eleganza informale di questi racconti che conviene leggere, trovando un istante, al risveglio o nello scorrere disordinato della vita quotidiana.

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