Ancora una volta è l’attualità a suggerire il nostro richiamo alla letteratura. L’America (una parte di essa, ma quanto basta) si è data un presidente che di orribile non ha solo le cravattone che porta al collo, ma – ovviamente cosa più preoccupante – le idee che indossa. Fino a rinnegare lo spirito stesso dell’America, terra di accoglienza e di libertà. Inevitabile, allora, non ricordare Emma Lazarus che ai primi di agosto del 1881 sbarcò a New York insieme ai primi profughi ebrei cacciati dalla Russia dopo l’uccisione dello zar Alessandro II. L’allora trentaduenne Emma scriveva poesie e partecipò al concorso indetto per un testo poetico destinato ad essere inciso sul piedistallo della “più grande statua del mondo”, la Statua della Libertà. Il sonetto della Lazarus intitolato “The New Colussus” fu il prescelto. Il 19 novembre 1887 la giovane poetessa non poté assistere alla inaugurazione del monumento alla “libertà che illumina il mondo”. Era in Europa a curarsi della malattia che da lì a poco l’avrebbe portata a morire. Solo nel 1903 quei versi furono collocati ai piedi della statua (nel 1945 spostati sopra l’ingresso principale). Indubbiamente toccante leggerli ancora oggi nel pieno dei drammi e delle libertà negate che affliggono popoli interi.
Il Nuovo Colosso
Non come il gigante di bronzo di greca fama,
che a cavalcioni da sponda a sponda stende i suoi arti conquistatori:
qui, dove si infrangono le onde del nostro mare
si ergerà una donna potente con la torcia in mano,
la cui fiamma è un fulmine imprigionato, e avrà come
nome Madre degli Esuli. Il faro
nella sua mano darà il benvenuto al mondo, i
suoi occhi miti scruteranno quel mare che giace fra due città.
Antiche terre, – ella dirà con labbra mute
– a voi la gran pompa! A me date
i vostri stanchi, i vostri poveri,
le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi,
i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate.
Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste,
e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata.