Poesia estratta dalla raccolta “La poesia è morta e altri versi” in uscita il 14 luglio per Castelvecchi (collana “Controluna” diretta da Michele Caccamo), con prefazione di Francesco Ricci.
Penso alle parole che ti vidi nascere in bocca
a quelle che ti ho sottratto
sono piante le parole
piume di scintille d’ali lontane
penombre tra i movimenti terrestri.
Penso al saluto
che mi ricamasti sulla mano
stringendola un’ultima prima volta
velluto tra corone di rose.
Quando vieni a trovarmi
mi siedo con te ad un tavolo di nuvole
e discuto del progetto dei miei giorni.
La chiave di sole che squadernò il compasso delle colline
il primo senso del ritorno
lo stare sempre in bilico
sull’orlo delle cose.
E poi
l’esperienza del giorno
la gracilità dei sensi slegati e confusi a sera
le intese liquidità del mio corpo
ciò che rubai e non ho mai restituito
l’avere e il non usare,
il rispondere senza sapere il domandar sapendo
la comunione del piacere
ciò che si perse nell’ombra del viaggio.
Se ti fermi con me abbastanza
Senti animarsi
il pianto del mio angelo
lo stupro delle idee e della volontà
l’accesa sarabanda dei ricordi
che sono comunque e allo stesso tempo
ovunque e introvabili
come particelle di Dio.
Come te
spesso non ci sono.
Ma nel buio
so che posso afferrarle
ne canto la certezza