La protagonista del romanzo di Viola Conti, Perché amo solo chi fugge? (Giovane Holden Edizioni) si chiama Celeste, ha quarantun anni, è appassionata, simpatica, sincera e coraggiosa. Una donna vera che non ha paura di mettersi in gioco, di rischiare il tutto per tutto, pur di riuscire a ottenere l’amore di Luca, un musicista, pericolosamente ingabbiato in una relazione in crisi. Pericolosamente è l’avverbio giusto anche se in effetti qui il pericolo non è tanto quello che corre Luca, quanto più quello che affronta Celeste, rimanendone apparentemente vittima. “Ma è proprio così?” sembra chiederci l’autrice. Chi è che vince in amore? Chi fugge o chi resta? Il romanzo dà una risposta tanto così palese da essere sferzante: amare significa avere coraggio, chi non osa, chi non va oltre il limite, vive una vita di basso profilo, si nasconde dietro falsità e sentimenti vacui che in breve lo consumeranno.
Il romanzo breve di Viola Conti è un inno alla forza d’animo, alla capacità di essere sinceri, di rompere gli schemi, di non temere le conseguenze e mettersi in gioco perché solo chi non ha paura, riesce a vincere, a non perdere la partita con la vita. Ed è brava la Conti che in meno di cento pagine riesce a farci conoscere Celeste, il suo carattere vivace, autoironico, controverso e appassionato, la sua consapevolezza e insieme la sua fallibilità che la rendono così umana da essere vera.
Chi comincia a leggere Perché amo solo chi fugge? non lo lascia fino all’ultima pagina perché la scrittura corre veloce, quasi a perdifiato, verso un epilogo tanto onesto da essere inevitabile. E poi, nel finale, il colpo di scena: chi sa amare vince, chi non sa perde. Il gioco è semplice, le regole chiare e lo stile della Conti ci rende evidente che non basta coprirsi dietro le apparenze o dietro maschere di sorta, la vita vera è quella che scorre nelle vene, quella che ti fa dire: “Sì, ci metto la faccia e non mi arrendo”. Sullo stile di Viola Conti, c’è poco da dire: elegante e scorrevole, usa i termini giusti al momento giusto, quando è opportuno poetico, quando necessario diretto. Un bel lavoro, impreziosito alla fine dalle interessanti riflessioni della mental coach Sonia Veggiotti.