Nelle fondamenta della poesia novecentesca c’è anche “La pietra” di Osip Mandel’štam (1891-1938). Così era intitolata la prima raccolta del poeta russo, vittima delle grandi purghe staliniane. Alla ferocia di Stalin erano stati rivolti i versi in cui si diceva che per il dittatore “ogni morte è una fragola”. Deportato in Siberia e costretto ai lavori forzati, Osip morì a 47 anni nel gulag di Vtoraja rečka. Il corpo non fu mai trovato. Alla moglie Nadežda aveva indirizzato queste toccanti righe: «Mia cara bambina, non c’è praticamente nessuna speranza che questa lettera ti arrivi. Prego Dio che tu capisca quello che sto per dirti: piccola, io non posso né voglio vivere senza di te, tu sei tutta la mia gioia, sei la mia tutta mia, per me è chiaro come la luce del giorno. Mi sei diventata così vicina che parlo tutto il tempo con te, ti chiamo, mi lamento con te». Proprio Nadežda riuscì a conservare clandestinamente le opere del marito fino alla morte di Stalin, addirittura trascrivendo poesie che lei aveva imparato a memoria. La silloge intitolata “La pietra” era stata composta dal poeta all’età di 22 anni. Come scrive Gianfranco Lauretano, traduttore e curatore di una raffinata edizione italiana pubblicata dal Saggiatore nel 2014, “la sua poesia è intrisa di sentimenti primari, oggetti, viandanti, specchi, dita che scivolano sulla superficie del mondo e sulla carne. I suoi versi sono pietre levigate, limate con tenacia e sapienza. Il suo è un gesto poetico netto, puro, indomabile. È una lingua che si confronta con la natura, la contempla, la ricrea”. Si racconta che mentre Mandel’štam veniva condotto al campo di concentramento, sul treno recitasse agli altri prigionieri versi di Dante e Petrarca che mandava a mente in italiano. La disperante meraviglia della poesia contro l’orrore.
A una straordinaria libertà
è bello pensare vicino a una candela.
– Innanzitutto rimani un po’ con me –
s’affliggeva di notte Fedeltà.
– Solo io la mia corona
depongo su di te
così che a Libertà, come a una legge,
amando tu ti sottometta…
– Io a Libertà, come a una legge,
sono fidanzato e pertanto
questa agevole corona
mai mi leverò.
Sta a noi, scagliati nello spazio,
condannati a morire,
rimpiangere la splendida
costanza, e la fedeltà.
[da La pietra di Osip Mandel’štam, traduzione di Gianfranco Lauretano, Il Saggiatore, 2014]