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Libera nel vento. Il viaggio come un romanzo di Dino Marchese

Un romanzo di rimpianti, quelli che necessariamente invadono anima e corpo quando viene a mancare qualcuno di speciale; ma anche un romanzo di nostalgia, intesa come l’opportunità di riavvolgere il filo dei ricordi per affidare alla carta il tempo passato. Si può riassumere così l’opera di Dino Marchese “Libera nel vento. A cavallo verso Santiago di Compostela” (Europa Edizioni), dedicata alla cavalla Calypso, compagna di vita dell’autore per oltre trent’anni. “Quando si lanciava al galoppo con la testa alta e la coda al vento, più che della potenza devastante Calypso sembrava andare fiera della sua libertà: era libera come il vento che inalava dalle froge, e di quella libertà sembrava volesse raccontarmi”, scrive Marchese. Il loro è stato amore a prima vista, insieme hanno vissuto tante avventure e l’esperienza che più di tutte ha rappresentato una vera e propria spinta verso l’infinito, per ritrovare la propria strada e il significato profondo della propria esistenza: il viaggio verso Santiago di Compostela.

La particolarità del Cammino di Santiago è che, a prescindere dalle motivazioni che spingono a intraprenderlo e dai mezzi usati (piedi, bicicletta, cavallo…), tutti hanno un obiettivo comune: arrivare alla Cattedrale di Santiago di Compostela. E ognuno lo vive come può, come deve, sopportando dolori e fatica, e attingendo a riserve di energia talvolta molto nascoste. Del resto, come spiega l’autore, “il cammino è una sintesi tra dimensione collettiva, obiettivo comune e individuale; un percorso che si muove tra stanchezza e desiderio”. Marchese racconta il suo viaggio e l’intesa con la sua cavalla (lei tollerava i miei difetti, io cercavo di capire i suoi bisogni) con uno stile semplice, in modo chiaro e piacevole. E così, come sottolinea Vincenzo Coli nella prefazione, la sua diventa una piccola chanson de geste affollata di curiosi personaggi, umani e non, tanti compagni di viaggio incrociati lungo il percorso, perduti, ritrovati e poi di nuovo persi: la guida e sherpa Pepe, il pretino arguto, la ragazza in carriera, l’asino innamorato di Calypso e il cavallo che la sfida al galoppo, la coppia cilena che aiuta l’autore ad alleviare il dolore alle gambe, la ragazza in carrozzina, l’americano dagli occhi tristi, Jasmine, l’ex prete operaio, la giramondo in cerca d’amore…

Il cammino si incrocia dunque con il rapporto tra Dino Marchese e Calypso e il viaggio diventa presa di distanza della vita quotidiana, un tragitto dell’anima che permette di ritrovare il tempo di sentirsi in profondità, maturare, uscirne migliori.  Scrive l’autore: “Sono venuto a fare il Cammino per trovare delle risposte, per mettermi alla prova (…) e ho capito che nella vita è più importante porsi le domande giuste che avere le risposte sempre pronte. Ogni viaggio è un nuovo inizio, se ricominci a cercare, se ti poni le vere domande (…)”. Il Cammino non finisce, ricomincia sempre, resta dentro coloro che lo raccontano e scelgono di condividerlo con gli altri, proprio come ha fatto Dino Marchese; e si deposita anche dentro tutti i lettori che hanno fatto un pezzo di strada insieme all’autore e alla sua Calypso, contagiati dal passo sicuro della cavalla, libera nel vento per sempre.

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