Ai tempi dell’università ebbi come compagno di casa uno studente haitiano, un tipo emaciato che comunicava con borbottii e deboli grugniti. Non legammo molto, colpevoli l’assenza di dialogo e quel suo carattere abulico. I grandi occhi opale e la figura scheletrica del creolo mi terrorizzavano nella penombra dell’appartamento. Una sera lo intravidi oltre la porta socchiusa della camera ciondolare davanti ai ceri di un altare vudù. Si voltò e nello sguardo vacuo lessi la verità. Avevo un coinquilino zombi. Con sorriso ebete indicò una cesta di frutta marcia e verdure guaste. Sperai che avesse abbracciato il veganesimo. Cercai conferma lanciandogli una carota ammuffita che divorò con gusto.