Tra le innumerevoli osservate durante le traversate, una mi colpì nell’intimo. Galleggiava solitaria nel cielo terso dopo un fortunale. La sua forma incerta non somigliava altro che a se stessa. Catturò il mio sguardo tanto da smarrirmi in profonda contemplazione. Immaginavo di abitarla, scalarne le morbide vette, esplorare i candidi territori che nessun piede avrebbe mai potuto calpestare. Ne ero attratto visceralmente, sarebbe bastato un balzo dalla prua del vascello per raggiungere la vaporosa superficie. Albergare là, sino alla conclusione dei tempi. Lasciarsi trasportare con essa sopra le fatiche degli uomini. Invece… il cigolio dei cordami riecheggia su questo guscio di noce.