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“Interviste del secolo breve”. Il libro di Marco Lupis, un curioso del mondo

Molti fanno i giornalisti, altri sono giornalisti. È la distinzione che piace a Marco Lupis, il quale appartiene indubbiamente alla seconda categoria. Lo testimonia il suo recente libro “Interviste del Secolo Breve” (Edizioni del Drago) in cui si dà conto degli incontri avuti dal giornalista con cinquanta personaggi della politica, della cultura, dell’arte, che, a vario titolo, hanno segnato il secondo Novecento. Possiamo dunque trovare, visti da vicino, il subcomandante Marcos e la top model Claudia Schiffer, la leader birmana (premio Nobel per la pace 1991) Aung San Suu Kyi e la rock star Peter Gabriel, la politica colombiana Ingrid Betancourt e Franco Battiato; e ancora, Lucia Pinochet, Kenzaburo Oe, re Costantino di Grecia, Tinto Brass, Suso Cecchi d’Amico. Insomma, una variegata galleria di figure attraverso cui si evocano spaccati della nostra storia recente. Quella, appunto, del ‘secolo breve’, che anche nei suoi ultimi decenni ha conosciuto, su scala universale, drammi umani e politici, lotte per la libertà, idee, ideali, contraddizioni, speranze, spesso raccontate da letteratura, cinema, arte.
 
Ecco, queste interviste ci ricordano (in una certa misura spiegano) il tempo che abbiamo attraversato. E lo fanno in modo vivido, con il giusto approccio del reporter che per raccontare deve innanzitutto capire. Si consideri che l’autore ha lavorato come corrispondente de La Repubblica da Hong Kong, inviato speciale in America Latina e in Estremo Oriente per le maggiori testate giornalistiche italiane (Panorama, Il Tempo, Corriere della Sera, L’Espresso, La Repubblica) per Tg e programmi Rai. È stato fra i pochi giornalisti a seguire i massacri di Timor Est, i sanguinosi scontri tra cristiani e islamici nelle Molucche, la strage di Bali e l’epidemia di SARS in Cina.
 
Marco Lupis – lo scrive con malcelato vezzo nelle note biografiche che troviamo su Internet e quasi in antinomia con la sua attività di giornalista errante – ha ascendenze nobiliari. Nato da una famiglia storica del Meridione d’Italia, è il figlio del 34° marchese Lupis, don Giovanni IV Lupis Macedonio Palermo dei principi di Santa Margherita, e della 12° duchessa di San Donato, donna Marina Lebano Carucci del Mercato Pacelli di Leo Sanseverino. Detto così fa un certo effetto. Ma alle blasonate stanze, lui sembra aver preferito i precari alloggi dell’inviato speciale; alle frequentazioni altolocate, gli incontri nella giungla messicana con il rivoluzionario Marcos o con le madri-coraggio cilene mai arrese nel voler sapere il destino dei loro figli desaparesidi all’epoca di Pinochet. Perché – leggiamo nella premessa d’autore – “loro mi sono sembrati i veri potenti”.
 
D’altra parte il reporter Lupis è un curioso del mondo. Può essere significativa a questo proposito una mail del febbraio 2002 inviata a Dina Nascetti, sua referente a L’Espresso: “Cara Dina […] oggi (lunedì 11) prendo l’aereo da Tokyo per Buenos Aires, dove arriverò domani, 12 febbraio. Da allora in poi sarò sempre reperibile sul satellitare, anche nei giorni di ‘navigazione’ antartica. Sarò di nuovo in Argentina verso il 24 febbraio, poi proseguirò per Bogotá, dove dovrei incontrare Bentacourt verso i primi di marzo. Fammi sapere se ti interessa.” Le “Interviste del Secolo Breve” sono pagine che potrebbero anche essere lette come un testo di storia scritto in presa diretta. Allorquando il giornalismo sa andare oltre la cronaca, e già – per la sensibilità, sagacia, bravura di chi scrive – consegna i fatti ad un giudizio storico. Non a caso il libro porta in esergo una citazione di Albert Camus: “il giornalista è lo storico dell’istante”. Così come quelle stesse pagine potrebbero avere la godibilità di un romanzo, a fronte di una scrittura che (se la distinzione possa ancora farsi) alterna il piglio giornalistico a cadenze più letterarie. Si veda, ad esempio, il testo che introduce l’intervista a Xanana Gusmao, simbolo della resistenza di Timor: “A Timor Est si sente spesso un suono lieve, ricorrente. Interrompe il silenzio della notte sulle risaie, e la quiete dell’alba. È un suono basso, un nome, pronunciato appena tra le labbra, come un sussurro: Sbananaaa…”. O lo svelto ma efficace ritratto di Ingrid Betancourt, la pasionaria delle Ande: “I capelli castani sciolti sulle spalle. Gli occhi scuri, da vera colombiana. Al polso un braccialetto di ambra e le labbra che non sorridono quasi mai. Ha poche occasioni per sorridere Ingrid Betancourt, quarant’anni ben portati, cinquanta chili ben distribuiti su un metro e settanta, oggi candidata alla scomoda carica di presidente della Repubblica del Paese più violento del mondo, la Colombia.”
 
L’intervista non è un genere facile. Colui che domanda deve essersi posto prima molte domande, studiato il personaggio che va a incontrare, la sua vicenda privata e pubblica, i contesti dove vive; deve saper cogliere al volo le ulteriori domande che le risposte sollecitano, e soprattutto guadagnarsi la fiducia, la confidenza dell’intervistato. Come farlo? Chiedete a Marco Lupis Macedonio Palermo di Santa Margherita, marchese, giornalista, scrittore. Ma, più che altro, un curioso del mondo.

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