La barba monacale dell’anziano condomino strideva coi guizzi lascivi dello sguardo porcino. Le festicciole notturne al piano superiore avevano più volte interrotto i miei sogni e c’erano stati diverbi feroci. Detestavo il satiro dalle ingenti finanze. Quando le porte automatiche si aprirono e vidi spuntare la folta lanugine ebbi pulsioni incendiarie. Nell’imbarazzo dell’incontro parlammo del tempo: lui dei capricci atmosferici io del poco che gli restava. A pianterreno era già morto. Come raccontai ai vicini si trattò di un letale attacco di claustrofobia, d’improvviso gli era mancato il respiro. Nella cronaca tralasciai il dettaglio di queste mani serrate attorno alla sua gola.