Galleggiava nel tuorlo, nero e ricciuto. Un ispido vascello sperduto nel minuscolo oceano giallo. Lo guardavo schifato e divertito al contempo. Proprio a me, un uomo così pignolo, era toccato in sorte quello scherzo stomachevole. Interpellai il maître mostrando l’orribile indecenza. Mortificato, questi mandò a chiamare lo chef affinché potessi ricevere scuse formali. Giunse in sala un ometto impettito nascosto sotto un bianco e rigonfio cappello da cuoco. Accostandosi al tavolo fissò stizzito l’uovo nel piatto poi s’inchino togliendo il copricapo. Non aveva capelli né sopracciglia. Alopecia universale. Notai il suo sguardo accusatore rivolto ai selvaggi favoriti del nuovo sommelier.