La linea retta (che in grafico fiancheggia ahimè fedelmente le ascisse, non le ordinate) dell’encefalogramma culturale italiano dispiega i suoi nefasti effetti, oggi anche su Montanelli. E non siamo che all’inizio, temiamo. Del resto essere incompreso era un destino che gli si addiceva molto (La sconfitta è il blasone dell’hidalgo, diceva ogni tanto). E il bello è che trova spazio sui giornali e anche nelle fauci di alcuni pseudointellettuali, cui il nostro darebbe a buon ragione e alla maniera toscana la “patente” di bischeri. In fin dei conti non serve dire niente: Indro Montanelli si difendeva da sé e anche il suo monumento. Del resto non è la prima volta che lo attaccano (anche materialmente).
Per dirla con Mario Cervi e un suo pezzo di alcuni anni fa a proposito di alcuni politici, lui odiava i personaggi minori o insignificanti e probabilmente nemmeno si sarebbe sprecato a dare importanza ai barbari che vogliono tirare giù la sua statua nei giardini pubblici di Milano (tutti costoro hanno il grave difetto di non saperlo ispirare o di ispirarlo il minimo necessario per scrivere, diceva Cervi nell’articolo). Ma il fatto in sé è poi tutto sommato irrilevante. È lo scenario che indica che dovrebbe preoccupare più dei virus. Quel che fa paura è l’ignoranza imperante e la riduzione di intere storie e percorsi intellettuali a pappette precotte etichettate in un modo o nell’altro secondo il bisogno. C’è ancora qualcuno che legge e si fa le sue personali idee, ma con l’onestà intellettuale e la solidità che caratterizzava Montanelli?