C’è una ragazza in un libro che scrive un diario e racconta dolci favole ai bambini. Una storia che ne contiene un’altra. E ancora un’altra. E un’altra ancora. Così come la vita può essere letta in mille modi diversi, anche le vicende a volte si intrecciano e si compenetrano a tal punto che la realtà pare essere in costante incostanza. Gli eventi si susseguono, si incrociano e scorrono su piani differenti a tal punto che ci fanno confondere. Succede che il destino talvolta prende forma in una specie di intercapedine fra noi e il mondo, in uno spazio misterioso e quasi magico deputato a far accadere le cose nelle cose. É lì, in quel luogo nel luogo che potremmo ambientare la storia che Berthe Meijer ha raccontato nel libro che uscirà in questa primavera. Oggi la Meijer, olandese, è una elegante signora di 71 anni. Allora, era l’inverno del ’45 e la piccola Berthe, ebrea deportata, di anni ne aveva solo sei. Il luogo era il campo di concentramento nazista di Bergen-Belsen. I bambini, se ancora vivi, tiravano avanti sospesi sull’abisso di una esistenza tramortita e la disperazione di un presente che forse non sarebbe mai diventato futuro. A distrarli dice la Meijer nella sua cronaca, per il poco che si potesse, le fiabe raccontate da una giovane ragazza dai capelli neri, olandese anche lei, che si chiamava Anna Frank. Il calore delle sue parole, prosegue la Mejir, sollevava il morale, di quei minuscoli internati con gli occhi arrossati dal gelo e dai lucciconi. Il titolo del manoscritto è “La vita dopo Anna Frank”. Va da se che intorno alla notizia editoriale si sia scatenata una polemica senza fine. Credere o non credere. Testimonianze non ce ne sono. Hannah Pick-Goslar, amica d’infanzia della Frank rimane dubbiosa e trova il racconto molto poco preciso. Anche per Willy Lindwer, regista olandese di un recente documentario su Anna Frank la storia risulta poco convincente. Annemarie Bekker, portavoce del Museo della Casa di Anna Frank di Amsterdam, non ha dubbi invece sulla veridicità del racconto e così per altri importanti storici. Scettici dunque e altrettanti convinti. La storia della ragazza del Diario che si intreccia con i ricordi di un’altra piccola ebrea. Vite nella vite, testimonianze di un passato che deve essere sempre ricordato. Di questo, almeno sono certo.