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Golem. Il sabato del Polo Sud

“Benedetto colui che fa scendere la sera…” scandisce in un ebraico incerto Heyman. É in piedi, davanti alla finestra, con una camicia di flanella scozzese e una kippà arrangiata, spalmata sulla zucca. Un’immagine che si tinge di una informalità mistica, una piccola meravigliosa cerimonia, sobria, semplice e solenne al tempo stesso. Davanti a lui, il libro delle preghiere, una candela accesa, una bottiglia di vino e una treccia di pane appena sfornata. Intorno, sei – non ce ne sono altri – uomini attenti a quella liturgia modesta e devota. Sarebbe una normalissima benedizione del Sabato. Il buio che fa da quinta alla prima stella che appare in cielo, lo sguardo verso Gerusalemme e la preghiera che annuncia la festa. É Shabbat. Se non fosse che qui, al centro ricerche di McMurdo, nel bel mezzo dell’Antartide, trovare la direzione di Gerusalemme non è poca cosa e in più, in questa stagione, il sole è alto 24 ore su 24 e di stelle per mesi non se ne vede nemmeno l’ombra. L’ultimo tramonto, quello che ha acceso il lungo giorno antartico, è avvenuto lo scorso agosto e fino ai primi di marzo sarà luce a palla. Dick Heyman è un ingegnere informatico di una sessantina d’anni e qui alla base si occupa di tenere attive le comunicazioni col resto del mondo. Abita negli Stati Uniti, in Colorado, e a dire il vero non è mai stato un uomo tanto pio. Anzi. Ma qui a McMunro, sarà per la perfezione candida di quell’ambiente ovattato, sarà per l’amicizia col cappellano cristiano della base, che quell’ebraismo rannicchiato che ogni ebreo custodisce da qualche parte nella propria ragione, si è manifestato con la voglia di festeggiare almeno il giorno del Signore. E i problemi organizzativi sono emersi anche in questa specie di congelata e poetica preghiera. Per decidere l’ora in cui sarebbe dovuta apparire la prima stella per iniziare la benedizione, si è dovuti ricorrere al fuso orario della città più vicina, dove la notte e il giorno si alternano e, ironia della sorte, si tratta di Christchurch in Nuova Zelanda. Proprio Gerusalemme non è, ma sa di sacro almeno nel nome. Per la direzione di preghiera il sistema è stato un altro. Al Polo Sud, mi perdonino i geografi per le imprecisioni, ovunque ci si muova si punta verso Nord, e trovare l’Est, dove si trova da lì la città santa, risulterebbe complicato. Heyman e gli altri della congregazione si sono affidati alla rotondità del globo. Come ti giri, prima o poi, Gerusalemme la incontri.

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