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Alcune volanti si trovavano già fuori dal cancello che dava sul piccolo giardino antistante la villetta e Sara fu costretta a lasciare l’auto di servizio qualche metro prima, sulla banchina della strada comunale che si dirigeva verso le mura di Castelnuovo.
Sara era entrata nell’organico del commissariato da ormai molti mesi, aveva cominciato come consulente esterno esperto in nuove tecnologie e si era subito distinta contribuendo in maniera determinate alla soluzione del caso de La Nereide, la misteriosa killer che per anni aveva seminato il terrore tra i colpevoli di una rapina avvenuta molto tempo prima. In quelle stesse circostanze aveva perso la vita, non con onore per la verità, anche il commissario Bardi e al suo posto era subentrato il burbero Miconi.
Se l’habitat naturale di Sara era il laboratorio, ambito nel quale riusciva a trovare il bandolo di qualunque matassa tecnologica, era pur vero che a volte si rendeva necessaria la sua presenza nel luogo in cui venivano svolte le indagini. Così come in quel momento.
Sara percorse il breve tratto lastricato in pietra arenaria che attraversava il prato tagliato all’inglese, una sorta di sentiero che metteva in collegamento il cancello e l’ingresso dell’abitazione.
Oltre la porta spalancata, i colleghi della scientifica erano ancora indaffarati nei rilevamenti sotto lo sguardo vigile del commissario Miconi che camminava come una belva in gabbia.
Sara lanciò uno sguardo rapido; nonostante l’ambiente fosse completamente differente, la scena che aveva davanti agli occhi ricordava molto da vicino quella che l’aveva accolta poco più di una settimana prima in una fabbrica dismessa nella zona industriale: sangue e altro materiale organico, successivamente classificato come materia cerebrale, sparsi sul pavimento facevano da cornice a un Hi-Fi portatile, un lettore mp3 e uno zaino pieno di bombolette di vernice spray: la madre che aveva denunciato la scomparsa di un giovane writer li riconobbe come appartenenti al figlio. Ciò che non riconobbe fu la sbarra di metallo incrostata di sangue, frammenti di ossa e capelli abbandonata sul cemento.
Come in quella fabbrica anche lì, nel salotto dell’appartamento, nessun cadavere faceva mostra di sé.
Entrando Sara salutò Saccomanni con un cenno del capo. – Un altro omicidio senza cadavere. – commentò.
– Quale omicidio? Vede forse un morto? No! Io vedo solo un maledetto divano inzuppato di sangue! Quindi niente morto, niente delitto! È talmente semplice che lo capisco persino io! Si dia da fare piuttosto! Lei, qua, è l’unica portatrice sana di materia grigia!
La donna raccolse da sopra il divano un coltello imbustato in un sacchetto di cellophane, rigirandolo più volte tra le mani.
– Se dimostreremo che è stato ucciso qualcuno, quella potrebbe essere l’arma – chiosò Miconi.
– C’è un PC in casa?
– Mi sarei stupito se non me lo avesse chiesto. Sì, al piano di sopra, nello studio.
Lo studio era una piccola stanza arredata sobriamente; una delle pareti era occupata da una libreria color faggio, a uno dei ripiani – a sbalzo – era fissata una scrivania bianca, sulla quale si trovavano un monitor LCD e una tastiera. Sara premette un tasto e il display s’illuminò mostrando la pagina di un social network, quella di un profilo; il nickname accanto alla foto diceva: Inchiostro. C’era anche la finestra con la chat ancora aperta con l’ultimo messaggio ricevuto:
Inchiostro: Non fare nulla sto arrivando.
Il racconto è inserito all'interno dell'Antologia Criminale che contiene i racconti selezionati dalla giuria come finalisti del Premio Letterario "Garfagnana in giallo". Il quinto capitolo, Attesa, sarà pubblicato venerdì 30 dicembre.
Clicca qui per leggere il primo capitolo, Graphyo; il secondo capitolo, Online; e il terzo capitolo, Il cane.