Luigi Oliveto Se n’è andato un altro protagonista del nostro Novecento letterario, Valentino Zeichen. Poeta disincantato, sarcastico, epigrammatico. Come disse Moravia: «un’eco di Marziale nella Roma contemporanea». Fu da tutti i punti di vista un irregolare. I suoi versi sono studiatamente anti-lirici, mirano ad argomentare, dimostrare. Salvo certi guizzi visionari come quando definisce il treno «una chiusura lampo che fila sui binari». In una intervista di qualche anno fa aveva definito la sua poesia senza speranza, diffidente verso i sentimenti e le loro menzogne. Perciò imbastita di comicità, ironia, precisione.
Presumibilmente,
sembro un poeta di alta rappresentanza
sebbene la mia insufficienza cardiaca
ha per virtù medica il libro «cuore».
Abito appena sopra il livello del mare
mentre la salute, la ricchezza, la purezza
e gli sport invernali
straziano oltre i mille metri.
Perciò mi ossigeno respirando l’aria
dei paradisi alpini
così arditamente fotografati
dagli scalatori sociali
nonostante la pericolosità dei dislivelli.
[“Il poeta” da Poesie. 1963-2014 di Valentino Zeichen]