Home » Cecco Angiolieri, “maledetto” ma non troppo

Condividi su:

Libri collegati

Cecco Angiolieri, “maledetto” ma non troppo

Mi è capitato in questi giorni di rileggere i sonetti di Cecco Angiolieri (sarà lui uno dei protagonisti delle prossime Passeggiate d’autore organizzate a Siena da Toscanalibri.it). Figura significativa della tradizione lirico-giocosa, anti-stilnovistica, purtroppo relegato dalla critica romantica in un ‘maledettismo’ che, per quanto suggestivo, ne ha svilito l’importanza letteraria. Ad esempio non si è sufficientemente detto che tutto quel maledettismo (ritenuto frutto di una sorta di autobiografia) rappresentava in buona misura un genere letterario (quello comico-goliardico) che attingeva a una retorica ben precisa e a temi ricorrenti. Può anche darsi che Cecco abbia vissuto in modo irregolare e dissoluto (e qualche documento in proposito esiste) ma i suoi versi rivelano, dal punto di vista letterario, una persona assai colta e raffinata, in possesso di una notevole tecnica compositiva, di un lessico e di una sintassi di prim’ordine. Si tenga dunque conto di questi aspetti anche quando leggiamo, con divertimento, sonetti come quello in cui l’Angiolieri prende per le rime i suoi dichiarati ‘nemici’ (in tal caso tutti e quattro insieme): il babbo, Becchina, l’amore e la mamma. Dice che sono loro ad averlo preso in trappola come un tordo nella siepe. Il padre costituisce una maledizione quotidiana; Becchina pretende da lui cose che nemmeno Maometto riuscirebbe a procurarle con la sua diabolica magia; l’amore lo fa invaghire di ladre che sembrano figlie di Gaetto (un celebre ladro, non si sa se veramente esistito o personaggio leggendario); la madre non lo sopporta al punto che, incrociandolo per strada, gli sibila: va’ via Cecco, che tu possa essere tagliato in due da un colpo di spada”.
 
 
Babb’e Becchina, l’Amor e mie madre 
m’hanno sì come tord’a siepe stretto; 
prima vo’ dir quel che mi fa mi’ padre: 
che ciascun dì da lu’ son maladetto. 

Becchina vuole cose sì leggiadre, 
che non le fornirebbe Malcommetto. 
Amor mi fa ‘nvaghir di sì gran ladre, 
che par che sien figliuole di Gaetto. 

Mie madr’è lassa per la non potenza, 
sì ch’i’ lo debb’aver per ricevuto, 
da po’ ch’i so la sua malavoglienza. 

L’altrier passa’ per vi’e dièll’un saluto, 
per disaccar la sua mal’accoglienza; 
sì disse: – Cecco, va’, che sie fenduto!
 
[da Cecco Angiolieri, Versi, a cura di Gigi Cavalli, Rizzoli, 1984]  

ISCRIVITI AL CANALE WHATSAPP DI TOSCANALIBRI

Per continuare a rimanere aggiornato sui principali avvenimenti, presentazioni, anteprime librarie iscriviti al nostro canale e invita anche i tuoi amici a farlo!

Siamo entusiasti di condividere con voi le ultime novità, aggiornamenti e contenuti esclusivi per rimanere sempre aggiornati e connessi con Toscanalibri.