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Alsario della Croce e il contagio: un uomo inascoltato

Cassandra era figlia di Priamo, re di Troia; il dio Apollo, che si era innamorato perdutamente di lei, le fece dono della preveggenza. Ma si sa, all’epoca non si era disinteressati come oggigiorno e non si faceva niente per niente; Apollo aveva altre idee su di lei, ma la giovane principessa troiana rifiutò la proposta amorosa di Apollo. Lui non la prese bene, ma non rivolle il dono indietro, la sua vendetta fu molto più fine e subdola. Difatti numerose furono le sue profezie su futuri eventi negativi, ma non furono mai prese in considerazione.

Ora, di Cassandre che non possedevano doni divini, ma semplicemente avevano le antenne un po' più dritte degli altri, è piena la storia. In un momento in cui tutti si riempiono la bocca con le opere del Manzoni e con la peste di Milano ci si dimentica di Vincenzo Alsario della Croce. Un uomo in anticipo sui tempi. Medico prestigioso nato nello Stato di Genova poco dopo la metà del secolo XVI e morto nel 1631, nel primo periodo del secolo XVII era professore di chiara fama in Roma e archiatro di papa Gregorio XV, nonché cameriere d’onore di Urbano VIII.

Ebbe apparentemente un solo intoppo nella sua carriera, e per giunta proprio al termine di essa e della sua relativamente breve vita (morì poco più che cinquantenne). Lo storico e biografo Gerini, in un’opera del 1829, dice che venne allontanato da Roma perché bisbetico, litigioso, millantatore soverchio e poco prudente. Sarà. Forse era semplicemente nervoso perché nessuno lo voleva ascoltare. Temendosi di peste l'anno 1630 vi pubblicò in lingua italiana un discorso pratico a preservarsi dal contagio; né avendo punto giovato questo suo lavoro, stampò l'anno seguente un consiglio in lingua latina sopra la peste che di già incrudeliva [Storia letteraria della Liguria III, 256].
Eppure nel libro, stampato a Roma nel 1630 era stato chiarissimo, a cominciare dal titolo: Providenza metodica, per preservarsi dall'imminente peste. Discorso pratico, ove sono rimedij preservativi, e curativi ancora, cavati co'l mezzo di scopi metodici dalla cirugia, farmacia, e dieta, per comune intelligenza di tutti, in lingua volgare.

In esso, il nostro medico si rivolge a Urbano VIII dicendo che il pericolo è imminente, che va contenuto finché si è in tempo e che il suo scopo è soltanto quello di preservare con esatte diligenze le Province dello Stato Ecclesiastico, e Roma stessa dalla contagione, che si miseramente consuma la Lombardia (e in realtà era già arrivata a colpire il Veneto, Bologna e a Modena).
 

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