Se un libro così si potesse definire potremmo dirlo un esempio di introspezione. L’amore da cui tutto ha inizio sopravvive a ogni sfida, ma non si esaurisce nell’eroismo della fedeltà a un essere d’eccezione: il primo fuoco, pur destinato ad essere eterno, non è che la radice dell’amore universale: «altri affetti vi sono sempre, nella vita, conforti anche, ogni scintilla d’umano che dovunque scaturisce». Non solo l’“umano”: «anche verso gli animali la stessa pienezza di disponibilità, per così dire amorosa, la stessa pienezza di rapporto: attendere le loro mosse, assecondarle. Così per la terra, l’erba, le fronde…». Alcuni dei personaggi sono còlti in ‘interni’ di così sapiente fattura da far pensare all’Artemisia di Anna Banti: «[…] la luce veniva da grandi finestre alte; per guardare fuori occorreva salire fino al ripiano della stretta scala di legno che portava alla camera oscura; altrimenti, alla finestra appariva solo il cielo, e qualche piccione. Sull’interno della porta dello studio l’angelo, sull’esterno il leone […]. Di fronte, alcuni grandi quadri, e la natura morta più perfetta, ma anche gli oggetti del laboratorio, quelli con cui il pittore si costruiva le cornici, componeva gli orologi, […] Oltre ai quadri, sui supporti alle pareti e sui divisori, gli oggetti di rame, le bottiglie, i fiori secchi; e ancora le caffettiere, i bricchi e tutta la numerosa famiglia destinata a entrare o a tornare nelle nature morte».
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Se un libro così si potesse definire potremmo dirlo un esempio di introspezione. L’amore da cui tutto ha inizio sopravvive a ogni sfida, ma non si esaurisce nell’eroismo della fedeltà a un essere d’eccezione: il primo fuoco, pur destinato ad essere eterno, non è che la radice dell’amore universale: «altri affetti vi sono sempre, nella vita, conforti anche, ogni scintilla d’umano che dovunque scaturisce». Non solo l’“umano”: «anche verso gli animali la stessa pienezza di disponibilità, per così dire amorosa, la stessa pienezza di rapporto: attendere le loro mosse, assecondarle. Così per la terra, l’erba, le fronde…». Alcuni dei personaggi sono còlti in ‘interni’ di così sapiente fattura da far pensare all’Artemisia di Anna Banti: «[…] la luce veniva da grandi finestre alte; per guardare fuori occorreva salire fino al ripiano della stretta scala di legno che portava alla camera oscura; altrimenti, alla finestra appariva solo il cielo, e qualche piccione. Sull’interno della porta dello studio l’angelo, sull’esterno il leone […]. Di fronte, alcuni grandi quadri, e la natura morta più perfetta, ma anche gli oggetti del laboratorio, quelli con cui il pittore si costruiva le cornici, componeva gli orologi, […] Oltre ai quadri, sui supporti alle pareti e sui divisori, gli oggetti di rame, le bottiglie, i fiori secchi; e ancora le caffettiere, i bricchi e tutta la numerosa famiglia destinata a entrare o a tornare nelle nature morte».
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