Dopo 50 anni la “Lettera a una Professoressa” può disturbare ancora? Il saggio comincia con un avvertimento: “Questo libro non è scritto per gli insegnanti, ma per i genitori. È un invito a organizzarsi”. La Libreria Editrice Fiorentina vuole dare voce alle esperienze e riflessioni su quell’invito. Per accendere la miccia di questa provocazione sono state raccolte le testimonianze di genitori che hanno deciso di fare il loro sforzo per riappropriarsi della sovranità genitoriale secondo quanto stabilito dall’art.30 della costituzione e di echeggiare un’altra provocazione complementare: “Eccoti dunque il mio pensiero: la scuola non può essere che aconfessionale e non può essere fatta che da un cattolico e non può esser fatta che per amore (cioè non dallo Stato). In altre parole la scuola come io la vorrei non esisterà mai altro che in qualche minuscola parrocchietta di montagna oppure nel piccolo di una famiglia dove il babbo e la mamma fanno scuola ai loro bambini” (don Lorenzo Milani, Lettera a Giorgio Pecorini del 10.11.1959).
Su questa idea di scuola come Uso Civico si sono espressi insegnati della scuola pubblica, famosi esperti pedagogisti come Tullio De Mauro che ha mandato uno degli ultimi interventi prima della morte e poi Eraldo Affinati, Sandro Lagomarsini e altri.
Dal 1967 a ora la Lettera è stata interpretata spesso come una spina nel fianco della scuola di stato per riformarla. Ne sono derivati dei tentativi monchi perché il messaggio della Lettera non è riformatore ma rivoluzionario. Infatti la professoressa Vera Spadoni a cui la lettera era indirizzata era una delle migliori insegnanti della scuola di stato, una sua ideale rappresentante, stimata dai suoi alunni. Un’interpretazione che finora non ha avuto corso è che la Lettera sia un manifesto a favore di un altro tipo di scuola pubblica nè di stato nè privata. L’Art. 30 della nostra Costituzione recita “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”.
Come può la repubblica garantire questo diritto anche agli ultimi, ai privi di mezzi economici e culturali? La risposta a questa domanda rende il Manifesto della Scuola di Barbiana ancora profondamente attuale e chiede allo stato di rinunciare al suo monopolio sulla scuola pubblica ma di accontentarsi di orientare, porre un freno alle ingiustizie ma liberalizzare i comportamenti virtuosi.
Indice:
Educare alla manualità la scuola diventa laboratorio
di Eraldo Affinati
Costruire la fiducia e l’accoglienza
a cura dell’asilo nel bosco del Casentino
Oltre l’idea di scuola, l’esperienza di Asilo nel bosco delle famiglie
di Fuori dalla scuola – Monza (MB)
La scuola della libertà
di Francesco Bernabei
L’educazione non si può delegare
di Paolo Mai
La cartina di tornasole
di Don Sandro Lagomarsini
La conquista della scuola statale
a cura delle insegnanti “scuola comunità” di Settimello-Calenzano (Fi)
Far lezione ai ragazzi
di Franca Righini
Il rimescolamento delle classi sociali
di Tullio De Mauro
Cercasi fine
di Carlo Pallante
L’arte dell’insofferenza
di Gabriella Arduino
La scuola come uso civico
di Giannozzo Pucci