E dove si va? Dove andranno, infine, questi uomini e donne tutti?
Anna Maria Ortese, Il porto di Toledo
Simpatizzante del marxismo e schierata a sinistra sino alla fine dei suoi giorni, Anna Maria Ortese (1914 – 1998) è lontana da ogni concezione materialistica dell’esistenza, critica la scienza e il progresso, della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino – approvata dall’Assemblea nazionale il 26 agosto 1789 – non celebra ciò che contiene, ma lamenta l’assenza di riferimenti ai diritti della Terra.
E ancora, accoglie l’idea di tradizione come memoria di lingua, affetti, pensieri delle passate generazioni, difende la superiorità della nozione di legge e di dovere rispetto a quella di libertà, individua nella compassione, non nella lotta di classe, lo strumento di riscatto dell’umanità reietta e sofferente. La Ortese ritiene, infatti, che la pietà sia il colmo della saggezza e amare tutti sia il primo obbligo per ciascuno di noi.
Del resto per lei la vera rivoluzione – la sola possibile – è quella interiore, non certo quella politica, e non ha paura di impiegare espressioni come spirito, anima, sacro, divino, innocente, celeste, beato. La parola “crescita” non le fa pensare al Prodotto Interno Lordo della nazione, bensì al rapporto che gli uomini intrattengono fra di loro e con tutte le specie viventi. Anna Maria Ortese sa che la ragione, se non è accompagnata dal sentimento, rende arida l’esistenza e monca la conoscenza.
E per questo guarda al grande sviluppo della tecnica con crescente apprensione, arrivando a temere per la stessa sopravvivenza dell’uomo e del modo di essere uomo fino a quel momento sperimentato e conosciuto. “Del resto, sta per finire l’umano”.
12,00 €
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N.pagine
Anno
E dove si va? Dove andranno, infine, questi uomini e donne tutti?
Anna Maria Ortese, Il porto di Toledo
Simpatizzante del marxismo e schierata a sinistra sino alla fine dei suoi giorni, Anna Maria Ortese (1914 – 1998) è lontana da ogni concezione materialistica dell’esistenza, critica la scienza e il progresso, della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino – approvata dall’Assemblea nazionale il 26 agosto 1789 – non celebra ciò che contiene, ma lamenta l’assenza di riferimenti ai diritti della Terra.
E ancora, accoglie l’idea di tradizione come memoria di lingua, affetti, pensieri delle passate generazioni, difende la superiorità della nozione di legge e di dovere rispetto a quella di libertà, individua nella compassione, non nella lotta di classe, lo strumento di riscatto dell’umanità reietta e sofferente. La Ortese ritiene, infatti, che la pietà sia il colmo della saggezza e amare tutti sia il primo obbligo per ciascuno di noi.
Del resto per lei la vera rivoluzione – la sola possibile – è quella interiore, non certo quella politica, e non ha paura di impiegare espressioni come spirito, anima, sacro, divino, innocente, celeste, beato. La parola “crescita” non le fa pensare al Prodotto Interno Lordo della nazione, bensì al rapporto che gli uomini intrattengono fra di loro e con tutte le specie viventi. Anna Maria Ortese sa che la ragione, se non è accompagnata dal sentimento, rende arida l’esistenza e monca la conoscenza.
E per questo guarda al grande sviluppo della tecnica con crescente apprensione, arrivando a temere per la stessa sopravvivenza dell’uomo e del modo di essere uomo fino a quel momento sperimentato e conosciuto. “Del resto, sta per finire l’umano”.
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