É laureato, ma non in medicina. Cura persone, ma non ha pazienti, o almeno lui non vuole che loro si considerino tali. Anche rispetto all'attività di un counselor, Thomas Glück prende le distanze: lui non applica alcuna terapia o metodo canonico. Dunque cosa fa questo tedesco nato e cresciuto in riva all'Arno? Qual è il mestiere del dottor Glück? Semplice: ascoltare. Uomini, donne di età diverse si siedono di fronte a lui (non si stendono sul lettino) e parlano. Lui ascolta, suggerisce, integra, spesso a domande risponde con domande. Tutto poi confluisce nel suo antico e prezioso schedario di legno nel quale, secondo un ordine che solo lui conosce, sono custodite pene, speranze, verità, illusioni dei suoi “non pazienti”. Frammenti preziosi di “vite degli altri” delle quali però il dottore è indagatore autorizzato, anzi sollecitato da persone che cercano risposte (o forse domande) che spieghino il senso della loro vita. Glück indaga e annota, con scrupolo analitico, rendendosi tuttavia conto, ben presto, che tale percorso, inevitabilmente, lo condurrà sempre più a interrogarsi sulla sua stessa esistenza, che con l'andar del tempo egli riesce sempre meno a tener separata da quelle dei suoi assistiti.