Prefazione e cura di Virginio B. Sala
La vicenda de L’ultimo uomo di Mary Shelley prende le mosse nel 2073 e guarda caso (pura coincidenza?), 2073 è anche l’anno in cui si svolge la breve storia di questo La peste scarlatta di Jack London, pubblicato per la prima volta a Londra nel 1912: anche qui in qualche modo al centro del racconto sta la figura di un “ultimo uomo”: è l’ultimo uomo che abbia visto con i propri occhi una terribile epidemia che aveva devastato il pianeta sessant’anni prima, nel 2013. Da quella calamità si erano salvati in pochissimi, inspiegabilmente rimasti immuni e il nonno, ultimo sopravvissuto, cerca di mantenerne viva la memoria raccontando la sua vicenda a tre nipoti, cresciuti senza istruzione in un mondo in cui tutta la conoscenza dell’antica civiltà è andata perduta… Quando scrisse questo breve libro, Jack London aveva 35 anni; sarebbe morto, solo quarantenne, nel 1916, e gli sarebbe stato risparmiato di vedere almeno in parte avverata la sua previsione: la spagnola, l’epidemia più grave del secolo, sarebbe iniziata nel 1918, per durare con alcune riprese fino al 1920 e causare, secondo le stime, oltre 20 milioni di morti. C’è il rischio di perdersi con le date: con il racconto di London sembra di leggere le pagine di un quotidiano di queste maledette giornate del 2020.