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La dinamite nella valigia. Viaggio nell’Italia di Luciano Bianciardi

«In fondo non era mai andato via», scrive Maria Jatosti parlando di Bianciardi, alla fine del viaggio della sua vita. E allude a Grosseto e alla Maremma. In fondo Bianciardi era uno che non aveva mai trovato lo spazio esatto del suo puzzle di luoghi e persone, insoddisfatto, cosciente di tutto, uno che sperava in un futuro migliore. Aveva  la consapevolezza ironica tipica di chi dentro di sé ha capito come va il mondo. Uno fedele a se stesso, mentre il mondo intorno cominciava a vivere di favoritismi: lui voleva restare "illeso", fedele ai braccianti e ai minatori della sua terra, voleva cambiare secondo logiche e non secondo cosa facesse più comodo. Da una parte era riuscito a farsi rispettare come scrittore affermato nella Milano della "vita agra", dall'altra non sapeva che farsene di questo rispetto.  Si potrebbe  definire uno che non si sentiva mai arrivato e forse perché la stazione è un movimento continuo e mai un arrivo definitivo in un'Italia in profonda trasformazione.

Un percorso italiano in cui trovano spazio avvenimenti del passato e del presente, descrizioni di luoghi e di personaggi, testimonianze di ieri e di oggi, riflessioni sul vissuto, insomma Bianciardi come filo narratore che si affaccia ogni tanto per narrarci i suoi luoghi e farci capire come l'Italia di oggi sia in qualche modo figlia di quella di ieri, anche se talvolta la supera e la contraddice. Fra i luoghi che percorreremo c'è moltissima Toscana, quell'Italia mediana che tanto piaceva a Bianciardi, ma che non era mai stata maggioritaria in Italia, e molta Milano, con qualche deviazione in Puglia e in Liguria e una trasferta a New York, funzionale alla descrizione dell'Italia in trasformazione. Non quindi un'Italia completa, ma un'Italia che parla all'Italia completa. In fondo in questo primo ventennio del XXI secolo, siamo «quello che rimane» del XX secolo, ma una rimanenza pesante, un'eredità con cui confrontarsi.

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Editore

Codice EAN

Curatore

N.pagine

182

Anno

2019

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La dinamite nella valigia. Viaggio nell’Italia di Luciano Bianciardi

«In fondo non era mai andato via», scrive Maria Jatosti parlando di Bianciardi, alla fine del viaggio della sua vita. E allude a Grosseto e alla Maremma. In fondo Bianciardi era uno che non aveva mai trovato lo spazio esatto del suo puzzle di luoghi e persone, insoddisfatto, cosciente di tutto, uno che sperava in un futuro migliore. Aveva  la consapevolezza ironica tipica di chi dentro di sé ha capito come va il mondo. Uno fedele a se stesso, mentre il mondo intorno cominciava a vivere di favoritismi: lui voleva restare "illeso", fedele ai braccianti e ai minatori della sua terra, voleva cambiare secondo logiche e non secondo cosa facesse più comodo. Da una parte era riuscito a farsi rispettare come scrittore affermato nella Milano della "vita agra", dall'altra non sapeva che farsene di questo rispetto.  Si potrebbe  definire uno che non si sentiva mai arrivato e forse perché la stazione è un movimento continuo e mai un arrivo definitivo in un'Italia in profonda trasformazione.

Un percorso italiano in cui trovano spazio avvenimenti del passato e del presente, descrizioni di luoghi e di personaggi, testimonianze di ieri e di oggi, riflessioni sul vissuto, insomma Bianciardi come filo narratore che si affaccia ogni tanto per narrarci i suoi luoghi e farci capire come l'Italia di oggi sia in qualche modo figlia di quella di ieri, anche se talvolta la supera e la contraddice. Fra i luoghi che percorreremo c'è moltissima Toscana, quell'Italia mediana che tanto piaceva a Bianciardi, ma che non era mai stata maggioritaria in Italia, e molta Milano, con qualche deviazione in Puglia e in Liguria e una trasferta a New York, funzionale alla descrizione dell'Italia in trasformazione. Non quindi un'Italia completa, ma un'Italia che parla all'Italia completa. In fondo in questo primo ventennio del XXI secolo, siamo «quello che rimane» del XX secolo, ma una rimanenza pesante, un'eredità con cui confrontarsi.

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