Di fronte a una immagine che non conosciamo diciamo che è un enigma. È il caso della Camera di San Paolo dipinta a Parma da Antonio Allegri detto il Correggio, di cui le carte ricordano solo che era compiuta il 25 marzo 1522. Considerata da Roberto Longhi un capolavoro, qualcosa di imparagonabile se non alla Cappella Sistina o allo Studiolo di Isabella d’Este, la Camera comprende non solo figure mirabilmente dipinte ad affresco, ma anche (sulle sovrapporte e una boiserie intarsiata) motti e frasi in latino e in greco che, fin dall’Ottocento, sappiamo formare l’anagramma del nome della badessa Giovanna da Piacenza. Gli enigmi che ci vengono proposti non sono tuttavia solo anagrammi, ma anche rebus e indovinelli, parte integrante di un gioco figurato e scritto, che in una mescolanza linguistica doveva educare, rendendoci ‘Allegri’. In uno schema che condensa morale e memoria, Correggio ha dipinto le immagini che compongono il ricordo di un sogno: una serie di figure simboliche che ne esprimono il significato, il cui esempio era destinato alle monache del monastero.
Considered a masterpiece by Roberto Longhi, something comparable to no less than the Sistine Chapel or the Studiolo of Isabella d’Este, the frescoes painted in the Camera di San Paolo in Parma by Antonio Allegri, called Correggio, illustrate the memory of a dream, between anagrams and rebuses. The series of symbolic figures express this significance, serving as an example for the nuns in the monastery.