Base Condor a Chatila 1982-1984
Storie di soldati italiani dal Libano in guerra.
Ma dove eravamo capitati? Sembrava che un’immensa cupola trasparente si fosse interposta fra noi ed il cielo per escluderci dal resto del mondo e serrarci in una terra di mezzo. Ci trovavamo su un francobollo di territorio popolato di miserabili, plasmato da eventi tremendi, dove erano arrivati e forse sarebbero tornati i mostri. Calpestavamo un suolo martoriato, ancora agitato dai fremiti dell’imprevedibilità dove dietro l’angolo potevano nascondersi presenze di distorta realtà. Era quella la “magia d’oriente” intorno a noi.
Tale è lo stupore nel quale viene immersa la narrativa dell’avventura militare oltremare di quarant’anni fa, quando un contingente italiano operò a Beirut per la protezione dei profughi palestinesi sopravvissuti alla guerra arabo-israeliana dell’estate 1982 ed ai massacri scatenati dopo l’attentato mortale al presidente libanese neoeletto Bashir Gemayel. Dall’osservatorio privilegiato della palazzina comando, nome in codice Base Condor, l’autore racconta a modo suo episodi rimasti fuori dalla luce dei riflettori, non perché ci fosse qualcosa da nascondere, ma perché sembravano più degni di chiacchere e talvolta anche di risate che di passare alla storia. Invece proprio di storia si tratta, ma storia per chi ama guardarla ad altezza d’uomo e per i curiosi del particolare, spesso più rivelatore di una grande battaglia. Il lettore, seguendo un’aneddotica ricca di sfondi sociali e politico-militari, non mancherà di essere coinvolto nella sequenza di fatti ed emozioni, animata da personaggi singolari, fatti emergere con brevi tratti di penna. E potrà anche farsi un’idea delle vicissitudini non proprio banali di quella spedizione militare, sbarcata nel settembre 1982 con l’appoggio della fregata Perseo e reimbarcata diciassette mesi dopo sotto la protezione dell’intera squadra navale della marina militare italiana