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La bellezza salverà l’Italia. Ne è convinto l’editorialista ed inviato de Il Corriere della Sera Aldo Cazzullo che, nel saggio “L’Italia s’è ridesta” (Mondadori Editore), racconta la sua caccia al tesoro attraverso lo Stivale alla ricerca del “buono”, troppo spesso offuscato dal “brutto” e dal “volgare”. Un libro come il suo può sembrare un azzardo, oggi come oggi, ma è tutt’altro che consolatorio.
«Il mio viaggio attraversa quindici città, – dice Aldo Cazzullo, intervistato in occasione della presentazione del libro a Siena – raccontate con realismo, prendendo in considerazione scandali, cattive abitudini e personaggi negativi. Ma in ogni città ho visto i segni di un grande potenziale di sviluppo e ho scoperto storie di successo. Da lì bisogna ripartire per far ridestare l’Italia».
Tra le città prese in esame anche Siena, che definisci “gioiello rosso”…
«Ho scritto di Siena quasi un anno fa, prima dell’affaire Mps. Il “modello Siena” già vacillava e mi colpì il passaggio da Siena città in testa alla classifiche di ricchezza e qualità della vita a Siena paesone angosciato, impoverito, di pessimo umore per il timore di perdere il Monte dei Paschi come garanzia di potenza e serenità».
Quali sono le vecchie ambizioni e quali le nuove paure di questa città?
«Credo che la città abbia vissuto per anni al di sopra delle sue possibilità in ogni ambito, in preda ad una megalomania globale. Una megalomania che ha radici antiche. Si pensi al Facciatone l’immensa facciata di una cattedrale - rimasta incompiuta a causa della peste - che i senesi sognarono di erigere per superare i fiorentini. Analogamente Siena ha fatto il passo più lungo della gamba, permettendosi una squadra di calcio in serie A, una squadra di basket che vince sei scudetti di fila, 500 avvocati, un centro di ricerche biotecnologiche con 100 scienziati, una università, una Fondazione e una banca tra le più grandi d’Europa. Ma le cose sono cambiate, la città, con i suoi 55mila abitanti, è chiamata ad una sfida nuova di ripartenza alla luce delle grandi potenzialità che ha. Il Monte dei Paschi si salverà ma il vero timore è che, pur restando sempre una banca con il cuore e la mente a Siena, non sarà più la banca di Siena».
Su cosa Siena deve far leva per resistere e rinascere?
«Può sembrare scontato ma bisogna puntare su quanto c’è di bello e buono. Occorre ripartire con un nuovo modello di sviluppo basato sulla qualità, sfruttando le tante potenzialità insite in un territorio straordinario non solo per cultura e bellezza ma anche per la tenuta sociale. In tal senso Siena è figura dell’Italia intera: paese corporativo e viziato, spaventato dai privilegi che sfumano e dalla ricchezza che evapora, ma anche un paese in cui la coesione sociale gioca da sempre un ruolo di primaria importanza, frutto di una educazione civica e di un tessuto socio culturale che può dare la forza per risollevarsi. Bisogna quindi ripartire dal basso, dai cittadini; soffrire, stringere i denti e poi ripartire fiduciosi e consapevoli di chi siamo e di quanto valiamo».
Un aggettivo che rappresenta Siena e perché
«Bellissima. Può sembrare una banalità ma Siena è tra i posti più belli al mondo e la bellezza, mai come ora, è un valore nel mondo globale. Un qualcosa che va valorizzato e tramandato».
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