Non chiedetegli un’intervista botta e risposta. Lo mettereste in difficoltà. Ha tutto l’aspetto di essere abituato ad improvvisare, uscire dagli schemi, abbandonare i canoni, liberare i pensieri, dare il giusto sfogo all’estro. E’ abituato a farlo con le parole come con le note. E’ prima di tutto un eclettico Franco Caroni, fondatore e presidente della Fondazione Siena Jazz e che, notizia di pochi giorni fa, sarà insignito del Mangia d’Oro. Quello che salta all’occhio è un’affabile conoscenza della musica come della letteratura. E’ a suo perfetto agio sicuramente di fronte ad un libro come dinanzi ad uno spartito. “Del resto – racconta – Siena Jazz è nata anche grazie ad un libro vecchissimo che mi fece conoscere le vicende di uno schiavo nero della Louisiana e che mi spinse ad ascoltare blues e jazz per la sola curiosità di poter ritrovare, in questi generi musicali, l’essenza di quel racconto”.
Qual è allora il legame tra la letteratura, la poesia, la musica e il jazz in particolare?
“Il legame tra jazz e poesia è fortissimo. Molti poeti americani negli anni ’50 improvvisavano i propri versi nei locali accompagnati dai musicisti. Ogni scrittore ha un mondo interiore artistico che è vicinissimo a quello di un musicista. Non è sicuramente un caso se chi è un suonatore è anche un accanito lettore o scrittore e viceversa”.
E se il jazz fosse un genere letterario quale sarebbe?
“Impossibile dirlo per la sua complessità. Ci sta dentro l’originalità del futurismo, l’estro e l’evasione dei poeti maledetti americani e francesi, la purezza dell’ermetismo. Il jazz è una tecnica al servizio della personalità e i musicisti di jazz non si pongono il problema di piacere al pubblico quanto semplicemente quello di esprimersi. Il jazz è una sfumatura continua e la sua forza risiede proprio nella sua debolezza di essere sempre differente. Il Jazz è un po’ come la differenza tra il dettato e il pensierino per i bambini delle elementari. Il jazz è “…o anche no”.
Quali sono state le difficoltà per importare questo genere musicale e la sua filosofia dagli States in Italia e più nello specifico a Siena?
“Ma il mondo dell’improvvisazione è nato in Europa. Anche se di Bach e Mozart ci sono arrivate solo le composizioni scritte pensate che non siano stati per loro bravura dei grandi improvvisatori? Gli italiani poi sono stati tra i fautori della nascita del jazz in America quando nei primi del ‘900, oltre che sporcare le strade o esportare la mafia, cercavano di procurarsi da vivere suonando nei locali. Non dimentichiamoci che, in quella che è riconosciuta nel 1917 la prima registrazione di jazz in America, due elementi del quintetto erano di origine italiana. Siena poi è una culla dell’arte fin dal medioevo e non è mai stata sorda alla musica tanto che oggi, perseguendo proprio questa tradizione, pullulano musicisti, associazioni, appassionati di jazz e di altri generi”.
La Fondazione Siena Jazz è anche editrice di alcuni libri?
“Abbiamo pubblicato negli anni quaderni e volumi per i nostri studenti, per gli appassionati e per gli esperti. Abbiamo poi avviato la collaborazione con la casa editrice Edt di Torino per una collana che vede proprio in questi giorni l’uscita del primo numero con il titolo “Jazz 101” e per il quale stiamo lavorando alla presentazione proprio a Siena per la fine di luglio”.
Sotto Torchio
LIBRO E AUTORE PREFERITO
La raccolta di poesie di Jacques Prévert
ULTIMO LIBRO LETTO
“Il Gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach
IL LIBRO DA CONSIGLIARE AI LETTORI
Sono due: il Vangelo e il Diario del Che in Bolivia. Sono utili per confrontarsi con il mondo
LEGGERE E’…
Cercare ed amare mondi diversi, conoscere, sperimentare abbandonando le certezze
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