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«Fa venire il sangue al cervello, a chi come noi ama il Mezzogiorno, ripercorrere le occasioni perdute di ieri e di oggi… Ma che razza di classe dirigente è quella che lascia affondare un pezzo dell’Italia?» Lo scrive a chiare lettere la coppia Stella-Rizzo, due maestri del giornalismo italiano. Un'inchiesta serrata, appassionata, contundente: “Se muore il Sud”, edito da Feltrinelli. Il libro verrà presentato ad Arezzo venerdì 9 maggio da Sergio Rizzo (ore 17.30 - Serra Eventi di Ca de Frati, ingresso libero).
Il volume - Se muore il Sud fotografa in modo realistico una situazione ormai insopportabile: senza peli sulla lingua, senza fare sconti all’imprenditoria del Nord, gli autori inchiodano alle sue responsabilità una certa classe politica del Sud, ingorda e inconcludente, che sta traghettando il Mezzogiorno verso la rovina. Due giovani su tre affogano senza lavoro e la Regione Sicilia butta 15 milioni per 18 apprendisti fantasma. Ci sono treni che marciano a 14 km l’ora e i fondi Ue vanno a sagre, sale bingo e trattorie. Quattrocento miliardi di fondi pubblici speciali spesi in mezzo secolo e il divario col Nord è maggiore che nel dopoguerra. I vittimisti neoborbonici ce l’hanno con tutti a partire da Ulisse e intanto il Meridione si fa sorpassare anche dalla regione bulgara di Sofia. Figurano più braccianti disoccupati a Locri che in tutta la Lombardia, ma i soldi vanno ai mafiosi che incassano contributi anche sui terreni confiscati. La Calabria ricava in un anno da tutti i suoi beni culturali 27.046 euro ma i Bronzi di Riace restano per anni sdraiati nell’androne del Consiglio regionale. La Sicilia è la regina del Mediterraneo con 5 siti Unesco ma le Baleari hanno 11 volte più turisti e 14 volte più voli charter. Undici miliardi buttati per l’emergenza rifiuti ma la Campania muore di cancro e a Bagnoli sono avvelenati anche i parchi giochi. Municipalizzate che non girano al fisco le tasse trattenute ai dipendenti ma si prendono il lusso di non sfruttare patrimoni immobiliari enormi. Sovrintendenze cieche davanti alla devastazione delle coste e vincoli paesaggistici sul pitosforo di un giardino privato. Non si tratta di meridionalismo né di “caccia alle streghe”, il libro è un’ampia riflessione su un territorio colmo di tesori d’arte e cultura, ma anche pieno di risorse lavorative e imprenditoriali dimenticate. Una terra che vanta beni economici come l’agricoltura e il petrolio e che potrebbe trainare lo sviluppo dell’intero Paese, ma che vive da sempre una crisi senza fine, con disagi e problemi che l’hanno portata inevitabilmente al degrado.
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