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Sera del 24 dicembre. La mezzanotte era abbondantemente passata. Dentro le case il sonno aveva ormai giustiziato la frenesia dei bambini, riversi su divani e tappeti come in una strage degli innocenti allestita all’Ikea. Gli adulti stavano prosciugando l’aria di festa a suon di sbadigli. Resisteva tuttavia un’inquietudine, prima taciuta, poi sempre più manifesta, perché giunti a quell’ora nessuno e da alcuna parte aveva visto Babbo Natale. Scrutato dalle terrazze, chiesto ai metronotte, compulsato il web che, figuriamoci, rende noti i fatti prima ancora che accadano. Nulla.
Cominciava a diffondersi nervosismo, ansia, delusione, rabbia. Insomma, tutti quei sentimenti che disturbano l’egoismo umano ogni qualvolta circostanze esterne gli sciupino la festa. Persino le luci degli addobbi rimandavano ombre torve. Aghi d’abete cadevano precoci, quasi a prefigurare la mestizia che con l’epifania tutte le feste porta via.
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