“Quando si parla di donne, c’è una sola voce socialmente accettabile, se si vuole essere considerati dalla parte giusta della storia. Eppure, c’è un’altra campana che forse, per una volta, varrebbe la pena ascoltare”. Con il patrocinio del Comune di Pisa, venerdì 31 maggio alle 18.15 nella Chiesa di San Vito e San Ranieri (Lungarno Simonelli, accanto al Museo delle Navi) la giornalista Raffaella Frullone presenta il suo ultimo libro "PresidentA anche no! Resistere al fascino del neofemminismo" (Il Timone).
In questo libro coraggioso e assai documentato con storie vissute, e spesso dolorose, Raffaella Frullone, giornalista di Tv2000, InBlu2000 e collaboratrice del mensile il Timone, analizza e mette in luce le diverse contraddizioni che circondano i luoghi comuni sulla nuova femminilità e la condizione della donna. In principio venne la ‘a’ dei femminili, poi l’asterisco per essere più inclusivi, infine la scwha in nome della fluidità. La famiglia non è più soltanto famiglia, non è solo allargata, ora è queer. E il sesso non si chiama più sesso, bensì genere. E quanti sono i generi? Uno, nessuno, centomila, perché si può sempre cambiarli. L’utero, invece, oggi come ieri ‘è mio e lo gestisco io’, ma all’occorrenza si può anche affittare. Il male nel mondo è causato dal patriarcato, la virilità è diventata sinonimo di violenza e prevaricazione; essere solo moglie e mamma è considerata una diminutio, una strada da non imboccare, mentre ci si batte per le quote rosa in posti di rilievo come cda, giunte o ministeri, ma stranamente non per lavori di fatica (muratori, scaricatori, saldatori etc.).
Secondo l’autrice: “L’esito più infausto del pensiero femminista è stato quello di riuscire a minare un’alleanza, quella tra uomini e donne, e di aver fatto in modo che i due sessi si guardassero in cagnesco, si misurassero l’un l’altro come ci si misura sul posto di lavoro. Ma la vita non è una eterna competizione di maschi contro femmine, al contrario è un gioco di squadra dove se uno dei due sessi perde, perdono tutti. E infatti abbiamo iniziato a perdere tutti quando la bussola di ciascuno è diventata il benessere personale e non più il sacrificarci per l’altro, per il bene della squadra”.
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