Un volume che è una sorta di “Mondo di ieri” di Zweig o di “Marcia di Radetzky” di Roth, ma senza il gusto amaro della decadenza, malinconico senza essere tragico, romanzo-mondo e insieme romanzo-spirituale. Si parla del libro di Matila G. Ghika, “Pioggia di Stelle” (Atlantide) che sarà presentato lunedì 26 aprile alle ore 21.30 in diretta sulla pagina Facebook di Libropolis. All’evento, organizzato da Libropolis Off, intervengono Maria Sole Iommi, traduttrice dell’opera, e Horia Corneliu Cicortas, filosofo. Modera Giacomo Alessandrini di Libropolis.
Il libro – “Pioggia di stelle” racconta la storia di un diplomatico dell’Austria-Ungheria, Napoleone di Maleen-Louis, che all’indomani della Prima guerra mondiale si trova come un ronin –letteralmente uomo-flutto, anonimi come le increspature sulla superficie dell’acqua, che vagavano attraverso l’impero, malinconici vagabondi, mendicanti, eremiti o saltimbanchi - e cerca coraggiosamente e con fatica di trovare una propria collocazione. “Pioggia di stelle” rimanda nel titolo alla visione che un giovane cartografo della nuova repubblica austriaca, Massimiliano Dego, ha di fronte alla bella ed enigmatica Théa di Wallenstein: Una pioggia di stelle vista in pieno giorno nel parco di Vienna. Costruito su un arco temporale di appena nove mesi, il romanzo è però una ricostruzione vertiginosa della Vienna dell’Opera e dell’Hôtel Sacher, della Praga occulta degli anni Venti, della Londra di inizio secolo. C’è spazio per giovani diplomatici francesi, misteriose principesse slave dagli occhi grigi, uomini “nuovi” dall’ignoto passato... Soprattutto, c’è spazio per la magistrale ricostruzione di un’epoca, mobili, stili, arte, musica, religione, costumi, cui l’autore presta la sua curiosità, la sua cultura, la sua esperienza del mondo: L’umiliazione, l’esilio, la gelosia, tutte le sofferenze che l’essere amato può infliggere a colui che ama senza misura, lui le aveva conosciute; per quattordici anni si era macerato in un’inesprimibile nostalgia, le tenebre della grande tristezza muta…Senza sperare, senza dimenticare, senza rinnegare…E adesso, il miracolo si era prodotto. Una delle chiavi del libro, e forse della stessa vita di Ghyka, è in una frase che un’ex ambasciatore dell’ex Austria-Ungheria dice al suo ex collega in diplomazia Maleen -Louis nel corso di un pranzo: Come diceva qualcuno, non è necessario sperare per intraprendere. È una citazione monca del motto di Guglielmo il Taciturno: Né riuscire per perseverare» è la sua conclusione. Nel ricostruire gli sparsi frammenti di ciò che è stato e di quel che resta, Ghyka dà vita in quegli anni Trenta in cui i venti di guerra hanno ripreso a soffiare e la tempesta sta per abbattersi sul Vecchio continente, a una sontuosa, commossa quanto vitale rievocazione della bellezza e dell’amore, della fedeltà alla parola data e della dignità del vivere.
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