Il fascino della storia senese rivive nelle pagine e nei racconti di uno degli autori più importanti della letteratura locale del Novecento. È stato presentato pochi giorni fa il volume “Ezio Felici – Opere” (Betti Editrice) alla presenza di Alessandro Pinciani, assessore alla cultura della Provincia di Siena, Antonio De Martinis, Dirigente cultura della Provincia di Siena, Giuliano Catoni, storico, e dei due curatori Luigi Oliveto e Daniele Sasson.
Ezio Felici - Personaggio simbolo della cultura senese, Ezio Felici si è contraddistinto per le numerose attività portate avanti fin da giovane nell’ambito della pittura, della poesia e del giornalismo. Attività, quest’ultima, che addirittura gli costò una condanna a cinque anni di reclusione. Felici nel 1944 curava la pagina della cronaca senese sul quotidiano “Il Telegrafo” e dopo l’uscita di alcuni articoli fu accusato di aver denigrato il fascismo. Ma pochi giorni prima dell’entrata a Siena delle truppe francesi fu liberato e nominato direttore del bisettimanale senese “Rinascita” che si chiamò proprio come il settimanale fondato da Togliatti in qui stessi giorni. Tutti i numeri della rivista contenevano una pagina dedicata alla “Vita senese” grazie alla quale trovavano spazio personaggi, tanto cari a Felici, che rappresentavano il cuore pulsante della città. Proprio il popolo senese e la vita di Contrada (Ezio Felici tra l’altro era un lupaiolo) sono i punti di riferimento delle sue opere che emergono nei suoi racconti attraverso numerosi personaggi che si caratterizzano proprio per il loro modo di parlare ed esprimersi. Non è un caso quindi che nei suoi scritti siano presenti numerosi racconti in vernacolo, unico modo per raccontare la vita reale dei senesi. Da autodidatta riuscì ad avvicinarsi in maniera eccezionale al mondo della letteratura e soprattutto a raccontare in un modo personale ed intimo personaggi e storie mettendo in primo piano la sua innata passione per la scrittura, la poesia e la lirica. Proprio attraverso la sua penna, Ezio Felici è stato in grado di dare un senso ai sentimenti e alle emozioni e soprattutto ad unire la visione dannunziana della “città del silenzio” a quella che si contraddistingue grazie al “brulichio” del popolo senese.
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