“La cultura è universale, sic et simpliciter”. Così Mons. Rino Fisichella, Rettore della Pontificia Università Lateranense ha commentato la ricchezza del romanzo storico L’imperfetto assoluto. Alla presentazione romana del libro sul rinascimento fiorentino, nell’aula Paolo VI, si sono ritrovati l’autore Riccardo Nencini , l’editore Mauro Pagliai, Franco Cardini, docente di storia medievale all'Università di Firenze e Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera dei deputati e leader dell'Udc. Il dibattito storico e politico che ha animato la presentazione, è ruotato attorno a quella che Monsignor Fisichella, ha definito “la storia personale che si unisce alla storia universale”. Il romanzo affronta la storia di Musciatto Franzesi nella Firenze del 1306. Un periodo storico lontano nel tempo, ma forse vicino nei vizi, come ha suggerito l’On. Casini. Dell’impianto storico e filologico del libro, ha parlato Cardini che ha rilevato come Nencini abbia adottato un espediente antico, quello del romanzo perduto e finalmente ritrovato, ma a differenza di altri autori, “il documento da cui parte Nencini è autentico e ci porta in un libro strutturato come il Convivio”.
La politica - Tra le parole di apprezzamento che ha ricevuto Riccardo Nencini, quelle di Casini, sono state le più ancorate all’attualità. L’On Casini ha sottolineato la “necessità di uno stato laico non laicista. Serve una discussione sulla laicità dello Stato in cui ci sia spazio per la necessità di religiosità degli individui – ha dichiarato l’On. Casini, aggiungendo che - il nervo scoperto della politica oggi, è il populismo. La politica dovrebbe essere guidata verso una multi coesistenza e riassorbire gli estremismi, mentre assistiamo ad una politica che inietta veleno nelle vene della società”. Le conclusioni sono state affidate a Nencini, che non entrando mai nel vivo della storia, ha ricordato elementi politici stupefacenti per l’epoca e il tempo, che accadevano a Firenze nel 1300. Tra questi la presenza di dieci mila bambini alfabetizzati, le scelte eversive nell’affidare l’immagine della città ad architetti e artisti di rottura con le tendenze del tempo e il rispetto per la continuazione delle opere intraprese dai nemici politici, perché dichiara Nencini “era forte il legame con il territorio e chi governava, si sentiva il servitore della città”.
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