Per chi è toscano, “la pesca del Giunti” è uno sforzo immane che porta scarsissimi risultati. Questa espressione dà il titolo all'ultimo romanzo di Franco Poggianti, perfettamente livornese nell’ambientazione, nello spirito e nel linguaggio stesso.
Il libro - “La pesca del Giunti” (Edizioni Sarnus) è ambientato nella Livorno degli anni Sessanta, dove un piccolo gruppo di amici, male assortito eppure affiatato e solidale, si riunisce per mangiare, bere e cantare: è la “combriccola del mercoledì”. Un giorno questa improbabile congrega si prende a cuore il problema delle tante famiglie senza casa, costrette a vivere nelle baracche a ormai vent’anni dalla fine della guerra. L’idea è rubare un prezioso cimelio cittadino, custodito nella Biblioteca Labronica, e chiedere al Comune come riscatto un impegno solenne a risolvere definitivamente la questione.
Una narrazione vivace e appassionante, ricca di espressioni tratte dal vernacolo ma non per questo indecifrabile, riporta il lettore indietro di oltre cinquant’anni, mescolando luoghi e personaggi realmente esistiti (o tuttora esistenti) ad altri fittizi, e arricchendo il tutto con una vena di sana ironia labronica.
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