Ugo Foscolo lo aveva lasciato intendere chiaramente. Dei sepolcri i morti non sanno che farsene; servono, piuttosto, all’illusione dei vivi, se non altro per dare un “luogo” alla memoria e agli affetti (“amorosi sensi”) dei propri scomparsi. Ma a confutare l’asserzione foscoliana c’è un celebre caso letterario: quell’immaginario cimitero di Spoon River, dove invece i trapassati, proprio in virtù delle loro tombe – e ancor più che in vita – si ergono a mostrare pochezza, genialità, anarchia, fragilità, affetti, inadeguatezze (e quindi, se se pur da morti, ad esprimere una rivalsa) verso la vita stessa.
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