È abituato a sentirsi chiamare Azub ma il suo vero nome è Azubnike, un nome che significa il supporto che dà la forza. è lui il protagonista dell’ultimo libro di Domenico Manzione “In fuga” (Pacini Fazzi Editore), un romanzo al confine tra storia e attualità il cui segno distintivo è una richiesta di umanità verso la grande tragedia dell’immigrazione.
La storia - Azub ha sedici anni, è nato in un villaggio della Nigeria nord-occidentale, non lontano da Baqa e tutto il poco che aveva gli fu tolto “una bellissima sera di primavera, quando il tempo si fermò”. Azub “non avrebbe mai dimenticato, dentro l’angolo più profondo e nascosto del suo essere e delle sue viscere, quel rumore terrificante, sordo e scricchiolante al tempo stesso, della lama di acciaio che si abbatte sul dorso di un essere umano trinciando carni e ossa e aprendo squarci raccapriccianti su quel che rimaneva del corpo di quegli uomini e dell’umanità tutta”. È la tragedia della violenza che ha segnato il suo popolo e la sua vita costringendolo ad una fuga verso la salvezza. Una fuga che è emblema di tante fughe, insidiata da nuove violenze, da subdole e false proposte di riscatto, da troppi soprusi. Uno sguardo pietoso quello che Manzione rivolge ad Azub rendendo partecipe il lettore della sofferenza, della violenza subita che si nasconde dietro i volti dei tanti giovani che le nostre coste accolgono.
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