Alla Biblioteca Popolare Resistente (Casa del Popolo di Sovigliana 133) di Vinci comincia la mini rassegna dedicata a "Il ruolo delle donne tra guerra e Resistenza", due incontri di formazione storica il 13 e il 27 marzo, a cura di Giada Kogovsek in collaborazione con l'Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell'Età Contemporanea, per celebrare gli ottanta anni della Liberazione.
Giovedì 13 marzo alle 21 la serata dal titolo: "Oltre il silenzio: scelte, coraggio, memoria", una carrellata di storie, azioni e voci femminili che hanno sfidato la guerra, contribuendo alla Resistenza e trasformando il proprio ruolo nella società.
Gli incontri sono organizzati dall'Anpi, sezione di Vinci, dalla Cgil-Spi 'Bruno Trentin', con il patrocinio della Regione Toscana e del Comune di Vinci.
La Resistenza ha ricevuto un fondamentale sostegno della presenza delle donne, che scoprirono di essere padrone del proprio destino e ripensarono se stesse in una nuova dimensione, in opposizione al ruolo defilato e subordinato di madre e moglie esemplare. La partecipazione delle donne come staffette, combattenti, crocerossine o semplici cittadine attive ha contribuito a dare l’avvio a un processo di emancipazione femminile lento ma irreversibile, ponendosi come inizio di una svolta.
Quello delle donne fra guerra e Resistenza è un grande tema, che va oltre le biografe, oltre il dovere di dare voce a esperienze “taciute”, ma attraverso le biografie ci interroga sulla prima, essenziale domanda: quanto rimane, quanti mutamenti, quante e quali persistenze nella Toscana del dopoguerra. Persino donne che non sono sopravvissute, vittime degli orrori della guerra ci aiutano in questo senso.
La guerra fu un fatto così forte da andare oltre la divisione che aveva visto nel regime schierate sui due fronti (fascista e antifascista) anche delle donne, oltre la forte fascistizzazione della società toscana, con non poche donne inserite nelle organizzazioni di massa in modi diversi nelle realtà urbane e rurali, anche se escluse da ruoli di comando.
Con la guerra il linguaggio con cui Partito e istituzioni si rivolgono alle donne esaspera lo stereotipo dell’etica del sacrificio per la patria. A guerra iniziata, tutte furono catapulte nelle emergenze e nelle privazioni della vita quotidiana a partire dai bombardamenti alleati in Toscana del 1943-1944 che tormentarono la popolazione e svuotarono le città di famiglie costrette a sfollare e dove molte donne persero con la casa un luogo vitale.
Una cosa è certa: il dopoguerra doveva sanare le ferite delle donne protagoniste loro malgrado della tragedia. Che la ricostruzione non fosse solo materiale, lo si capisce meglio ascoltando le donne e lo spiega la cultura popolare, che tiene traccia profonda del sentire della gente delle campagne toscane.
Nelle campagne c’era tanta parte delle Resistenze delle donne, quelle che nascosero i partigiani, chi li nutrì, quelle che avevano partecipato alla vita della banda, con o senza armi.
In Toscana la scelta resistenziale delle donne ha un carattere comunque politico - a partire dalla partecipazione alle lotte mezzadrili - e da questo momento storico particolare, le coscienze cambiarono, seppur con fatica, e ne nacque una nuova consapevolezza cioè che le donne non avrebbero più dovuto limitarsi all’impegno civico soltanto in situazioni eccezionali come appunto una guerra ma avrebbero dovuto far parte attivamente della vita pubblica e politica.
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