Si è soliti dire che il Palio di Siena, in forza della sua anima, sia fuori dal tempo. Ma, ovviamente, non è mai stato immune dai tempi, dai frangenti storici che di volta in volta ha attraversato. Basti leggere documenti e cronache d’epoca. Nelle scorse settimane, proprio su queste pagine, ricomponendo una sbrigativa antologia di scritti d’autore dedicati al Palio, ricordavo il racconto che Mario Pratesi ebbe a fare sulla presenza di Massimo D’Azeglio alla carriera del luglio 1858. E come il clima politico di allora avesse condizionato passioni e esiti della corsa. L’arrivo del D’Azeglio fu inteso come un anticipo di notizia: che per la dinastia lorenese e per il tedesco era suonata l’ultima ora. Dunque, grandi entusiasmi per il tricolore liberale dell’Oca (che vinse quel palio), fischi per la Tartuca i cui colori richiamavano l’impero, tiepida considerazione al rosso repubblicano della Torre.
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