Nelle giornate estive, quando il bianco della Collegiata fa solenne la luce e ciò che essa perlustra fin dentro i dettagli, piazza Provenzano sembra allagarsi di una solitudine metafisica. Solo i giorni del Palio la ricondurranno ad una misura concreta, popolandola di colori, di sudaticcia umanità. E di scalmanata devozione, perché la chiesa di Provenzano, intitolata alla Visitazione della Vergine, costituisce, insieme al Duomo, l’altro polo del culto mariano, notoriamente radicato in Siena per atavica eredità, tanto da avere appellato la città come “Civitas Virginis”. Da qui anche la ragione dei due palii dedicati alla Madonna: quella Assunta, invocata negli slanci gotici della Cattedrale; quella, in sembianze di fragile terracotta, pregata nella Collegiata di Provenzano. La storia della Collegiata di Provenzano è l’ennesima testimonianza di come nella Siena dei decisi contrasti (del resto bianco e nero è l’emblema) anche la virtù trovasse sempre un suo pari contrario. Raccontiamola dunque così. Verso la fine del Cinquecento, dai numerosi conventi presenti in città giungevano i virginali canti delle “Salve regina”, ma non di meno era udibile e ugualmente struggente il controcanto delle prostitute il cui anagrafe vantava, all’epoca, numeri davvero importanti.
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