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Un inverno sostanzialmente mite si è messo a fare il bizzoso proprio in questi giorni carnevaleschi, mortificando un po’ inventiva, colori, lazzi di maschere e mascherine. Ma Re Carnevale è stato ugualmente onorato. E, pur nella mestizia di vento e pioggia, sono volati i coriandoli. Certo, avremmo preferito un giovedì grasso come quello che ci raccontava Mario Pratesi nel suo romanzo “L’eredità”, con una piazza del Campo, sì ventosa, ma dove pareva “d’udir turbinare nell’aria ancor rigida la primavera che s’avvicina coi fiori in grembo”. Alla bell’e meglio la festa si è comunque svolta, per il divertimento delle maschere e, soprattutto, di chi vi era celato. Giusto in mezzo agli spifferi di Piazza e alle stelle filanti umiliate dalla pioggia, qualcuno mi ricordava che Siena vanterebbe anche una propria maschera. Quel Cassandro che si dice nato nell’aristocratica cerchia dell’Accademia degli Intronati e che, insieme a maschere ben più famose, può condividere l’antico lignaggio della Commedia dell’Arte.
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