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“Fugge l’origine”, in un libro tutte le poesie scritte da Luigi Arista tra il 1967 e il 2006

31/10/2013

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Nella vita dei poeti giunge sempre il momento del redde rationem, del rendere conto – quasi più a se stessi che agli altri – del proprio lavoro per il quale si è dato tempo, pensieri, sentimenti, inchiostro. Così è accaduto anche per Luigi Arista, romano di nascita ma da alcuni anni residente in terra senese. Poeta di lungo corso, che, a testimonianza di un quarantennio di attività poetica, ha consegnato alle stampe (Sovera Edizioni) la raccolta della sua intera produzione lirica. Sotto il titolo di “Fugge l’origine”, sono state comprese, infatti, tutte le poesie scritte tra il 1967 e il 2006. L’opera omnia, dunque, che sfiora i 5000 versi e che può vantare, nell’odierna edizione, una circostanziata prefazione di Andrea Matucci, docente di letteratura italiana all’Università di Siena. Proprio Matucci offre di quei versi un’utile mappa, cogliendone le ragioni intime, gli artifici formali, le possibili consonanze emotive.

La pubblicazione
- Il libro di Arista, nella sua cronologia di anni e di stagioni (esistenziali, sociali, letterarie) risulta così una sorta di "canzoniere", di diario in versi, dove la poesia, ancora una volta, è distillato di vita e di sguardi sulla vita (O poesia, poesia, quando sei libera / cosa naviga davanti ai tuoi occhi / di marinaio degli immensi oceani / che si accampano dall’anima al cielo azzurro?). Ma il tempo dei singoli è anche tempo della storia, di condivise vicende; ed è per questo – ci ricorda il poeta – che allora io vivo, sto immerso nell’avventura umana. Seguire il percorso poetico che si sviluppa attraverso le pagine di “Fugge l’origine”, può risultare anche un’utile guida all’universalità della poesia, ai suoi linguaggi e alla sua grammatica. Luigi Arista, peraltro, mostra di conoscere molto bene l’uso della parola poetica: la controlla (salvo qualche inevitabile esuberanza rintracciabile nei testi giovanili), la scarnifica, la rende "esatta" rispetto a ciò che intende esprimere o velare. E ci consegna, così, un breviario intimo – spesso sofferto – che sigilla con tali versi il suo (provvisorio?) epilogo: … e disperatamente vivo per tornare / a un mio principio primo, a un genitore / a chi mi ha messo questa nostalgia / non so di cosa, in cuore.

Luigi Oliveto

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