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Dall’Iliade alla peste di Atene fino alla morte dell’Imperatore. “Siamo sulla stessa barca” ieri come oggi. E come domani

Siena

01/04/2020

Lo insegna Tucidide, lo ribadisce Machiavelli: la storia si ripete, per questo è utile conoscerla. Conoscere i fatti del passato ci permette di prevedere in qualche modo quelli del futuro, perché la storia, nonostante inevitabili diversità e un innegabile progresso, tende ad essere ciclica, tende a ripetersi. Forse con un periodo di centinaia di anni, ma tende ad avere delle costanti. Eravamo convinti, peccando di tracotanza – di hybris avrebbero detto gli antichi Greci –, di essere giunti all’apice di un processo di sviluppo. Ed invece, contro ogni previsione, il 2020 si è aperto con un evento del quale stentiamo a comprenderne la portata storica: una pandemia.
 
La parola è una di quelle che evocano epoche passate, che stridono con la nostra idea di presente e attualità. Ci eravamo illusi che la medicina potesse risolvere tutto e subito, che un’epidemia e una crisi sanitaria fossero ormai scenari improbabili, se non nel tempo almeno nello spazio: credevamo insomma che da noi non potesse capitare; al massimo lo si poteva immaginare in terre esotiche e remote, come la città cinese di Wuhan. Ma il nostro progresso scientifico e il nostro pensiero evoluto di uomini occidentali non sono bastati per capire che oggi non esistono più terre remote: è la globalizzazione. Tucidide invitava a guardare al passato per poter prevedere il futuro. A noi, evoluti occidentali, sarebbe bastato molto meno: leggere meglio, senza sottovalutarlo o considerarlo estraneo, il presente dei nostri “vicini cinesi” per prevedere non il futuro bensì il nostro stesso presente, un presente posticipato solo di pochi mesi rispetto a quello di Wuhan. Soltanto cento anni fa l’epidemia influenzale chiamata “Spagnola” flagellò l’intero pianeta, subito dopo la Grande Guerra. Dal 1918 al 1920 un quarto della popolazione mondiale fu contagiato, con un numero totale di morti che si aggirò intorno ai 60 milioni.
 
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