Problema: può una persona che piange al cinema aspirare a divenire critico cinematografico? O, se vogliamo dirla più seriamente, quali caratteristiche sono necessarie per esercitare questo mestiere che deve saper dosare, appunto, i raffinati strumenti dell’analisi critica senza rinunciare – si presume – agli aspetti emotivi, di godimento estetico, di identificazione rispetto alla storie che sullo schermo si vanno raccontando. Da questo punto di vista il lavoro del critico “militante” deve essere davvero improbo. Guai, infatti, se il suo ciglio inumidito (il suo coinvolgimento) annebbiasse troppo il giudizio sulla tecnica, sulla poetica, sulla valenza culturale e sociologica di un determinato film.
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