Sapersi adeguare alle situazioni, se necessario pensando fuori dagli schemi. Individuare ed eliminare tutto ciò che è inutile. Ricercare sempre la bellezza, ma essere pronti ad accettare il fallimento. Secondo il medico Jacopo Martellucci, sono alcuni dei “comandamenti” che valgono tanto nella chirurgia quanto nella vita di ogni giorno. Lo spiega nel suo saggio intitolato "Chiudi la porta quando esci. Incidi sulla tua vita come un chirurgo d’urgenza" (Pagliai), che sarà presentato giovedì 6 febbraio alle 18.00 al Teatro Niccolini (via Ricasoli, 3). Con l’autore interverranno il dottor Carlo Bergamini e l’editore Antonio Pagliai.
La chirurgia d’urgenza è un’attività che prevede ogni giorno prestazioni ad alta performance, spirito di improvvisazione e di adattamento, l’osservazione di protocolli sempre aggiornati, l’attitudine a lavorare in team, una formazione continua e una certa dose di passione e di stress.
“Ognuno di questi aspetti”, spiega l’autore, “risulta applicabile a qualunque attività, che sia sportiva, professionale, di studio o semplicemente di vita quotidiana. È per questo che analizzarne i modelli può consentire non necessariamente di salvare una vita sul luogo di un incidente, ma di salvare la propria nella realtà di tutti i giorni”.
Martellucci, che da molti anni lavora in Chirurgia d’Urgenza all’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, sa che nel suo lavoro l’obiettivo non è necessariamente vincere, ma piuttosto non perdere. Anche se sembra uno stilismo semantico, il significato è molto più netto: ogni volta che avremo svolto il nostro compito al massimo delle nostre possibilità, utilizzando eventuali sconfitte o errori come lezioni, la volta successiva non perderemo, a prescindere dal risultato. Tra le tante raccomandazioni, c’è anche quella di non prendersi troppo sul serio: l’umiltà non significa sminuirsi o mettersi da parte, ma conoscere i propri limiti e le proprie debolezze, e diventa una qualità fondamentale quando ci confrontiamo con gli altri, perché ci predispone all’ascolto e quindi all’empatia.
“Ma soprattutto”, spiega il chirurgo-scrittore, “ci aiuta a non dare per scontata l’idea di essere speciali (non lo siamo!) e ad accettare il fatto che nel nostro mondo siamo quasi sempre sostituibili”.
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