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Cinquanta anni fa lo storico dell’arte Giovanni Previtali pubblicava uno studio rimasto celebre su “La fortuna dei primitivi”, intendendo per ‘primitivi’ tutti quei maestri attivi fra la seconda metà del ’200 e i primi del ’400: grosso modo fra la rivoluzione di Cimabue e Giotto e quella ‘rinascimentale’ di Masaccio. Previtali individuava così un preciso fenomeno del collezionismo sviluppatosi tra ‘700 e ‘800, quando i cosiddetti “fondi oro” dilagarono nelle raccolte di tutta Europa, provenienti per lo più da chiese e monasteri e dalle case della nobiltà fiorentina e senese. Riparte da qui, colmando una lacuna di mezzo secolo, la bella mostra aperta da oggi fino all’8 dicembre alla Galleria dell’Accademia di Firenze: “La fortuna dei Primitivi. Tesori d’arte dalle collezioni italiane fra Sette e Ottocento”.
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